Politica e Sanità

30 Novembre 2011

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Sale sempre di più l’età delle donne che ricorrono alla procreazione medicalmente assistita (Pma) per avere una gravidanza. Secondo l''ultima relazione sulla legge 40 presentata al Parlamento dal ministero della Salute, l''età media nel 2009 è stata di 36,2 anni contro i 35,9 del 2008. E ben il 28,2% dei cicli è stato effettuato da donne con più di 40enni. Dai dati della relazione emerge, inoltre, che nel 2009 il 31,3% dei cicli di Pma eseguiti a fresco (cioè non con ovociti e spermatozoi congelati) ha interessato donne sotto i 34 anni, il 40,5% tra i 35 e 39 anni, il 20,6% tra i 40 e 42 anni e il 7,6% in donne dai 43 anni in su. Una tendenza in continua crescita, visto che nel 2008 i bambini nati da madri ultraquarantenni erano il 6%, contro il 2% del 1995. Si sono verificati anche casi eccezionali, come quello della bambina torinese nata da una mamma di 56 anni, la cui vicenda è arrivata sulle pagine della cronaca con la decisione dei giudici di togliere la piccola ai genitori. Per prevenire situazioni del genere, la regione Veneto, con una delibera votata a giugno, ha limitato a 50 anni l’età delle donne e a 65 per gli uomini, l’accesso ai trattamenti di Pma a carico del Servizio sanitario nazionale. La delibera stabilisce anche il numero dei tentativi: tre o quattro a seconda della tipologia di fecondazione usata. L''età limite per le donne, in un primo tempo era fissata a 43 anni. Una decisione che non ha mancato di suscitare polemiche, con esponenti del mondo scientifico che hanno sottolineato come le chance di ottenere una gravidanza in donne over-40 siano limitate. Ma per il sottosegretario alla Salute Francesca Martini e l''assessore veneto alla Sanità, Luca Coletto, l''hanno definita una «scelta di civiltà». D''altronde, la legge 40 sulla Pma, precisano i giuristi, non prevede limiti d''età per tali tecniche, ma fa riferimento a una «età potenzialmente fertile».