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Politica e Sanità

23 Dicembre 2011

Enpaf: equilibrio a 50 anni ci obbliga a rifare i conti


La norma della Manovra che impone alle casse private di garantire la parità tra entrate contributive e uscite previdenziali con proiezione a cinquant’anni non costringerà l’Enpaf (nella foto il presidente Emilio Croce) a misure di emergenza onerose per i propri iscritti. Tuttavia, nonostante i bilanci dicano che l’ente è già oggi in grado di rispettare i nuovi requisiti fissati dal Governo Monti, cautela vuole che tra i farmacisti si apra una riflessione sull’opportunità di rivedere la contribuzione degli iscritti. Questo, in sintesi, il contenuto della lettera che lunedì la presidenza dell’Enpaf ha inviato ai presidenti degli Ordini provinciali dei farmacisti. Con l’obiettivo, appunto, di richiamare l’attenzione della categoria sul proprio futuro previdenziale. «Sulla base dell’ultimo bilancio tecnico al 31 dicembre 2009» si legge nella missiva «l’Enpaf è tra le pochissime casse che possono presentare un saldo previdenziale sempre positivo nell’arco temporale dei 50 anni, in virtù della politica di rigore assunta nel tempo». Le disposizioni che la Manovra detta agli enti di previdenza privatizzati, di conseguenza, non causano particolari apprensioni. Ma impongono comunque alcune riflessioni: quest’anno, infatti, per la prima volta il decremento evidenziato dalla spesa farmaceutica pubblica non è stato compensato dall’aumento dei ticket a carico dei pazienti, fatto di cui ha risentito il gettito assicurato dalla contribuzione dello 0,90%. Di conseguenza, avverte l’Enpaf, sarà necessario rivedere le proiezioni «al fine di verificare la permanenza del nostro equilibrio nel lungo periodo», anche attraverso «una diversa previsione dell’entità di tale forma contributiva». Non solo: è evidente, prosegue la lettera dell’ente, che l’obiettivo delle misure impartite dalla manovra in tema di casse private è quello di spingere gli enti di previdenza ad abbracciare il modello contributivo (cioè pensioni commisurate a quanto versato nella vita lavorativa anziché all’ultima retribuzione di carriera). Nel caso dei farmacisti, l’attuale entità della loro contribuzione soggettiva - «tra le più basse nel sistema delle casse previdenziali privarizzate» - comporterebbe in tale scenario «una riduzione dei livelli di tutela pensionistica», che già oggi risultano estremamente contenuti. Peggio ancora se, nel prossimo futuro, si andasse verso una «unificazione forzata» tra gli enti, che potrebbe costringere i farmacisti a sopportare la novità del prelievo contributivo sul reddito, una misura che finora la categoria ha sempre voluto evitare. Finora…

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