Politica e Sanità
19 Gennaio 2012Non solo la bozza del decreto sulla Liberalizzazione che sta circolando in questi giorni non favorirebbe realmente la concorrenza nel servizio della distribuzione del farmaco, ma decreterebbe la fine della esperienza delle 3.800 parafarmacie oggi presenti e del decreto Bersani del 2006. È questa la principale critica che ha spinto i titolari delle parafarmacie a protestare, riprendendo l’invio dei fax destinati al presidente del Consiglio, Mario Monti. «Come potrà competere la parafarmacia, con i pochi prodotti di cui dispone» è la domanda veicolata nel testo «con la farmacia che le aprirà accanto? Che cosa suggerisce il presidente del Consiglio ai 2.500 parafarmacisti, per lo più giovani, che il governo sta condannando al fallimento perché senza possibilità alcuna di vincere il concorso straordinario per l''assegnazione delle 3.000 nuove sedi farmaceutiche? Dovremo dire loro che i 120mila euro investiti sono perduti?». Secondo le parafarmacie, infatti, «il Governo si è preoccupato esclusivamente di espandere il numero di farmacie per adeguarlo alle variazioni demografiche che dal 1991, anno dell''ultima riforma della farmacia, hanno caratterizzato la società italiana. Nulla a che vedere con le aspettative della stragrande maggioranza degli italiani che si attende maggiore concorrenza in questo settore, per le benefiche ricadute economiche e professionali». Da qui la conclusione: «Di fatto la bozza sulla liberalizzazione significa la fine del decreto Bersani, quello del 2006, che è quanto auspicato dai titolari di farmacia», mentre, ribadiscono le parafarmacie, «la verità è che concorrenza e accesso alla professione può coniugarsi solo con una liberalizzazione dei farmaci di fascia C».
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