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Politica e Sanità

22 Febbraio 2012

Il Credit crunch allarma i titolari


Ci sono anche le farmacie tra le vittime del cosiddetto “credit crunch”, la stretta sul credito bancario che sta mettendo in difficoltà un numero sempre maggiore di aziende. Il fenomeno è stato misurato recentemente dalla Cgia di Mestre, l’Associazione veneta artigiani e piccole imprese: a dicembre l’erogazione di crediti ha subito a livello nazionale una contrazione del 2,2%, cifra confermata pochi giorni dopo dal Bollettino economico della Banca d’Italia (nella foto la sede) che negli ultimi 3 mesi del 2011 calcola un calo dell’1,5% nei prestiti erogati dal sistema bancario. Le cause della stretta vanno cercate nella crisi dello spread: cala il rating italiano e calano (al traino) i rating delle banche nazionali, che riducono i prestiti per non trovarsi nella necessità di contrarne a loro volta a prezzi più elevati. Mosse non soltanto italiane: proprio ieri, la Banca europea degli investimenti (Bei) ha annunciato che taglierà di 11 miliardi il finanziamento 2012 per prestiti, un terzo dei quali finora andavano a piccole e medie imprese italiane.
Della congiuntura risente anche Credifarma (la società finanziaria controllata al 66% da Federfarma), che per la prima volta è stata costretta a ricorrere a una cartolarizzazione per reperire risorse. Nulla di che mettere in discussione la solidità dell’istituto, sia chiaro, ma è un segno dei tempi. «Si fa sempre più fatica a trovare liquidità nel circuito interbancario» spiega il presidente di Credifarma, Carlo Ghiani «c’è così poca fiducia sui mercati che le banche sono restìe a prestarsi denaro anche tra loro». Proprio per questo, la raccomandazione che la società rivolge ai titolari è quella di muoversi con cautela ed evitare impegni sul lungo periodo. «La dcr rimane una buona garanzia per ottenere credito» riassume Ghiani «ma se la necessità è quella di trovare prestiti per investimenti sul lungo periodo, noi per primi scoraggiamo».
Altro effetto a cascata è la stretta sulle dilazioni di pagamento praticate dai grossisti: «Sempre più spesso» spiega Franco Falorni, commercialista e docente di economia d’impresa alla facoltà di Farmacia di Pisa «i distributori tendono a scendere da 180 a 120 giorni. E’ una differenza che vale mediamente 150mila euro e per molti titolari può diventare un problema. Anche perché il credito bancario diventa sempre più difficile: una volta bastava la parola farmacia per avere un prestito, oggi le banche per prima cosa consultano la centrale rischi e poi chiedono di vedere i bilanci. Temo problemi crescenti per parecchie farmacie».

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