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Politica e Sanità

07 Marzo 2012

Misasi: in Senato trattativa difficile, all’assemblea dire se ci sono stati sbagli


Sul decreto liberalizzazioni Federfarma nazionale non ha commesso errori e quello che alla fine è uscito dal Senato è il risultato di una visione del servizio lontana dalla realtà ma difesa a spada tratta dal governo. Risponde così Alfonso Misasi, segretario nazionale del sindacato titolari, alle critiche che da qualche giorno rimbalzano da alcune province (dopo Varese e Roma, anche Potenza, dove è stata approvata una mozione che chiede le dimissioni di tutti i vertici del sindacato) sulla linea politica seguita da Federfarma nel passaggio del decreto in Senato.

Misasi, risposta secca: poteva andare peggio o per la farmacia il testo uscito da Palazzo Madama è comunque una sconfitta?
Ecco, quello che vorrei proprio evitare è che alla fine tutta la vicenda si riducesse a un quesito come questo: troppo semplicistico, non rende la complessità dello scenario in cui siamo stati costretti a muoverci.

E cioè?
Sulle farmacie il governo ha portato avanti una manovra che aveva come obiettivo predeterminato solo quello di incrementare il numero delle farmacie. Nessuna aspirazione a un ammodernamento o a un miglioramento del servizio, nessuna volontà di affrontare i nodi veri, nessun intento di favorire la crescita. Abbiamo dovuto fare i conti con una visione del sistema che si basava su una scarsa conoscenza della realtà. E con un decreto assemblato alla bell’e meglio senza un percorso coerente e definito.

Va bene, però voi avevate come obiettivo prioritario quello di contrattare un abbassamento del quorum con il riassorbimento delle parafarmacie e l’eliminazione del farmacista dai corner. Bersaglio mancato su tutta la linea…
Come ci eravamo impegnati a fare davanti all’assemblea nazionale, abbiamo presentato alla politica le proposte del manifesto e le abbiamo difese con forza, ovviamente la forza dei ragionamenti. Ma fin dall’inizio ci siamo scontrati con una pregiudiziale che escludeva dalla discussione ogni ipotesi orientata a riordinare il servizio in linea con quanto accade in altri paesi europei, dove il farmaco con ricetta è monopolio della farmacia e una lista ragionata di Otc può essere venduta liberamente senza l’assistenza del farmacista.

Era una pregiudiziale invalicabile oppure avrebbe potuto essere superata a condizioni che sarebbero state troppo onerose per i titolari?
Non è mai stata pesata, non ci è mai stata chiesta una contropartita.

Nei giorni scorsi i vertici dell’Abi si sono dimessi per protestare contro un passaggio del decreto che penalizzava le banche. Parecchi titolari si chiedono se un gesto analogo da parte di Federfarma non esprimerebbe al meglio l’umore di tutti…
E con quale risultato? Qualcuno crede seriamente che il governo ci ripenserebbe come sta facendo con le banche? Quello che abbiamo fatto durante il passaggio del decreto in Senato è sotto gli occhi, il 13 marzo l’assemblea generale misurerà la situazione e valuterà: se alla fine emergerà che sono stati commessi degli errori, se ne trarranno le considerazioni del caso.

E per quanto riguarda il passaggio del decreto alla Camera?
Per il giorno dell’assemblea si capirà se il governo intende mettere la fiducia oppure c’è uno spazio anche minimo per modifiche, cosa che al momento è data per improbabile. Se così rimanesse, l’assemblea servirà anche a tracciare un quadro dello scenario con cui le farmacie dovranno confrontarsi una volta entrato in vigore il decreto.

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