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Politica e Sanità

29 Giugno 2012

Misasi: senza riforma remunerazione le farmacie non reggeranno


La riforma della remunerazione? Dovrà arrivare entro la fine dell’anno, perché altrimenti le farmacie si vedranno costrette a disdettare la Convenzione a partire dal gennaio successivo. E non per protesta, ma perché la ricetta rossa a quel punto non darà più di che vivere. Parole amare quelle di Alfonso Misasi (foto), segretario nazionale di Federfarma, che a Farmacista33 riassume le indicazioni emerse dall’assemblea generale convocata l’altro ieri dal sindacato.

Misasi, il decretone del Governo minaccia tagli consistenti alla spesa farmaceutica. Come rispondono le farmacie a questa nuova batosta?
La situazione è semplice: abbiamo gli interventi su tetto ed extrasconto, l’apertura nel giro di pochi mesi di un ulteriore 30% circa di farmacie e poi i servizi da organizzare. E’ evidente che senza cambiamenti significativi, le farmacie non riusciranno a reggere: la marginalità della ricetta rossa, già oggi ai minimi termini, si azzererà del tutto.

Di qui l’appello dell’altro ieri ad aprire al più presto l’atteso tavolo per la riforma della remunerazione. Entro quando?
Se non si arriva alla nuova remunerazione entro la fine dell’anno, con il 2013 le farmacie dovranno revocare la Convenzione. Non per ritorsione, ma perché non riusciranno più a stare nei costi.

Quel tavolo doveva essere aperto nel 2010, se ancora lo si attende è perché non si è riusciti a trovare argomenti con cui convincere le Regioni a trattare sull’argomento. Ora pensate che qualcosa sia cambiato?
Il modello che vogliamo proporre e che abbiamo già anticipato ad alcuni addetti ai lavori si basa su un meccanismo – quota fissa per confezione più margine sul prezzo ex factory – che assicurerebbe al Ssn risparmi importanti grazie al meccanismo del “dual price” (doppio prezzo di vendita, uno per il Ssn e uno al pubblico per l’acquisto privato, ndr). E piacerebbe anche all’industria perché conterrebbe le esportazioni parallele.

Anche all’interno di Federfarma c’è qualche resistenza. I primi a uscire allo scoperto sono stati i titolari laziali, ma anche in altre regioni ci sono fette di titolari che non vedono di buon occhio la riforma…
Una conta, persona per persona, non la so fare. Io mi posso solo fermare a quello che si è detto in Assemblea e lì tutti o quasi erano d’accordo sulla necessità di cambiare sistema di remunerazione. Magari qualcuno lo vorrebbe fare in tempi meno stretti di altri, ma l’orientamento è evidente.

Passiamo alla Pianta organica: tra abolizione del concetto di sede e azzeramento della distanza, il decretone minaccia di radere a zero la programmazione territoriale. Cade una delle colonne portanti della farmacia italiana, ma Federfarma sembra quasi non accorgersene…
Diciamo le cose come stanno, piuttosto. Il numero chiuso rimane, anche se il quorum si abbassa e in meno di un anno verrà aperto un altro 30% di farmacie. Spariscono i 200 metri, è vero, ma comunque non si scade nell’anarchia perché ogni spostamento di farmacia dovrà comunque essere autorizzato dal sindaco. Quindi una programmazione di fatto rimane. Le misure del decretone non ci piacciono per niente, abbiamo cercato di opporci, ma dire che la Pianta organica è sparita non sarebbe corretto.

Se per fine anno non è arrivata la riforma della remunerazione e le farmacie disdicono la Convenzione, il consiglio di presidenza che farà? Si dimetterà per protesta?
Ripeto quello che già dissi ad aprile: è soltanto l’Assemblea che decide che cosa devono fare il sindacato e il suo consiglio di presidenza. Mercoledì ci ha detto che dobbiamo restare al timone, quindi andiamo avanti. Se prossimamente vorrà le nostre dimissioni, non dovrà fare altro che dirlo. Con il voto.

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