Politica e Sanità

06 Novembre 2012

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Le tensioni, i dubbi e le perplessità già tenuti difficilmente a bada tra i farmacisti dopo il primo accordo sulla remunerazione, sono esplosi definitivamente quando sono stati resi pubblici i rilievi critici che i ministeri dell’Economia e della Salute hanno fatto pervenire all’Aifa in merito ai contenuti dell’accordo stesso. In prima linea le Unioni regionali che non hanno mai fatto mancare critiche all’attuale dirigenza di Federfarma, a cominciare da Federfarma Piemonte che in una nota sottolinea come ancora una volta l’Associazione dei titolari «è costretta a inseguire il problema e a giocare in difesa» e come l’accordo raggiunto si sia limitato «a una aritmetica conversione dell’attuale margine percentuale, senza agganciarsi a un progetto di rivalutazione e sviluppo della farmacia». In più emerge, secondo i titolari piemontesi come l’accordo del 16 ottobre fosse «effettivamente modificabile» diversamente da quanto affermato in sede assembleare. Sulla stessa lunghezza d’onda Federfarma Lazio che fa ricorso alle metafore cinematografiche parlando di «Farmageddon, ovvero la catastrofe finale» e paragona i vertici nazionali di Federfarma all’«orchestra del Titanic dopo la collisione con l’iceberg». Entrambe le associazioni concordano sulla necessità di non firmare alcun accordo e sulla convocazione di un’Assemblea nazionale in seduta straordinaria in tempi ristrettissimi per decidere la posizione da assumere. Federfarma Lazio si spinge oltre chiedendo le dimissioni dei vertici sindacali nazionali e l’immediata costituzione di un’unità di crisi per gestire i prossimi sviluppi per la categoria. Si preannunciano tempi duri per l’attuale dirigenza di Federfarma, un assaggio il presidente Annarosa Racca lo ha avuto dall’infuocata assemblea lombarda di settimana scorsa, nella quale hanno dominato le contestazioni a scena aperta. E se il buongiorno si vede dal mattino.