Politica e Sanità
04 Aprile 2013«Più che straordinario il concorso è impossibile». Così un esperto in materia come Maurizio Cini, vicepresidente di Utifar, commenta per Farmacista33 gli ultimi sviluppi in materia di concorso straordinario. Ne emerge un quadro di rabbia e delusione da parte di coloro ai quali «la legge avrebbe dovuto giovare nel vedere più di un anno della propria vita condizionato in funzione di un concorso in base al quale, entro lo scorso 25 marzo, le farmacie avrebbero dovuto essere assegnate ai vincitori». Non c’è una sola regione, continua Cini, «tra quelle che hanno finora bandito il concorso, compresa la Liguria vera “mosca cocchiera”, con le commissioni al lavoro. Almeno questa è l’impressione, perché la trasparenza è tutt’altro che percepibile, a partire dalla pubblicità della composizione delle commissioni e della fissazione dei criteri. "Gabbati" anche nei numeri: si parlava, infatti, di 4000/5000 nuove farmacie mentre, quando tutti i bandi saranno pubblicati, le nuove sedi saranno meno di 2500, metà delle quali “inaccettabili” per l’esiguità della popolazione delle zone di competenza». Buona parte di responsabilità del quadro che si è venuto a creare, va attribuita, secondo l’esperto, alla legge (il famigerato art 11 del Dl 1/12 convertito nella legge 27/12, «partorita non “a favore” di qualcuno ma “contro” qualcuno. Lungo sarebbe elencare tutti i motivi che hanno determinato il testo definitivo dell’art. 11, molto peggiore, proprio per i titolari di farmacia, rispetto a quello proposto dal Governo nel primitivo testo del decreto legge. Una legge, per parlare dei principali vizi, incostituzionale» continua Cini, «in quanto sfido chiunque a dimostrare quali fossero i “casi straordinari di necessità e d’urgenza”, di cui all’art. 77 della Costituzione, che avrebbero permesso di affrontare, per decretazione governativa, la materia. Di incostituzionalità in incostituzionalità si sono poi calpestati numerosi principi quali la competenza regionale, l’affidamento ai comuni del potere di individuare le zone delle nuove sedi e, non ultimo, il conflitto di interessi creatosi per quei comuni, titolari di farmacie, che hanno così fatto di tutto per “proteggere” le proprie. Nelle trattative politiche, tra il decreto legge e la legge di conversione, la materia “farmacie” è stata “spolpata” come un osso dal quale strappare il boccone più grosso da mostrare al proprio “elettorato di riferimento”, giudicato sufficientemente ottuso da poter credere di avere ottenuto un vantaggio, per fini palesemente elettorali». Non mancano poi i dubbi sui tempi e su quando il concorso vedrà la fine, «Cominciano, infatti, ad emergere le prime decisioni della Magistratura amministrativa su alcuni temi di fondo come la competenza comunale in capo alla giunta o al consiglio» riprende l’esperto «si pensi che in quasi tutti i comuni le delibere sono della giunta mentre i Tar sostengono che dovevano essere dei consigli comunali, la necessità di delimitare le nuove sedi in maniera puntuale e soprattutto di motivare le scelte fatte, smentendo così chi intendeva la pianta organica definitivamente scomparsa e, in particolare, il parere ministeriale del marzo 2012, precipitosamente diffuso quando il decreto non era ancora stato convertito. Per i tempi occorrerebbe la sfera di cristallo, dato che le commissioni non avranno poche difficoltà da superare, tenuto conto che il regolamento concorsuale risale a un ventennio (1994) e le regioni potrebbero essere sommerse di ricorsi contro le graduatorie una volta approvate».
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