Politica e Sanità
08 Febbraio 2014«Metteteci tutti a stipendio». Risponde così Alfredo Orlandi, presidente Sunifar, alla notizia del fallimento della farmacia in provincia di Parma. «Così non ce la facciamo». E il contesto non è solo quello tante volte denunciato di una ridotta marginalità e redditività, ma di professionisti che non nascono come imprenditori e una farmacia «vista dall’esterno come un’attività solida, che rischia di attirare “sciacalli”».
Si spieghi meglio…
Non sappiamo più che cosa siamo: dopo le liberalizzazioni di Bersani e il nuovo approccio di Monti la farmacia è diventata più mercato e meno sanità e i professionisti sono stati spinti verso l’imprenditorialità, con tutto il rischio che ne consegue. A dettare le regole è il mercato e chi ha acquistato una farmacia qualche anno fa si ritrova con qualcosa che vale meno. Stesso discorso per i finanziamenti, che sono figli dei tempi: più l’economia è forte e maggiore sarà la quota oggetto di finanziamento, che però può non rivelarsi più sostenibile in una fase di recessione e quelle che un tempo erano garanzie solide, come la casa, ora, con il mercato immobiliare fermo, non lo sono più. Insomma, sono situazioni complicate e i farmacisti non nascono come imprenditori.
Per di più il contesto è di crisi.
Che non significa solo, come più volte abbiamo detto, redditività minore: la crisi tira fuori il peggio da tutti. Dall’esterno la farmacia è vista come un’attività con un’economia di un certo tipo e ancora solida e, complice anche una normativa che impone troppi obblighi, dal capitolo sicurezza ai dipendenti, molte aziende, che nulla hanno a che fare con la sanità, vi si approcciano con le loro offerte. In questo contesto risulta difficile orientarsi e individuare chi opera con minor correttezza.
E poi c’è il credito: ritiene che l’aumento dei fallimenti possa determinare qualche irrigidimento tra i grossisti?
La crisi ha già portato a una riduzione delle dilazioni dei pagamenti e chi soffre di più in questo caso sono le rurali, più isolate. Ma d’altra parte è un po’ un circolo vizioso: l’industria tira la cinghia ai grossisti che si rifanno sulle farmacie. Ma nonostante questo, le farmacie più a rischio al momento sono quelle più grandi, con una struttura a carico maggiore, dipendenti e spese più alte.
Che consiglio può dare a chi è in difficoltà?
Prevenire è meglio che curare: alla prima avvisaglia di difficoltà bisogna rivolgersi a chi è competente, non si può pensare che ce la faremo a tirarcene fuori. Nostro compito come Sunifar invece è cercare di far capire alla politica che se si vuole tenere in piedi la nostra concezione di sanità e di servizio farmaceutico bisogna mettere tutti i farmacisti nelle condizioni di operare in tranquillità: non ha senso che lo Stato faccia concorrenza a se stesso togliendo i medicinali dalla farmacia per portarli alla diretta per esempio. Non faccio che ripeterlo: è il servizio che deve essere retribuito. Allora dico provocatoriamente: metteteci tutti a stipendio. Se no, dall’altra parte, c’è una totale liberalizzazione, senza vincoli e senza regole: lì sì che ci sarebbero solo imprenditori.
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