Politica e Sanità
24 Marzo 2014«La scadenza di alcuni importanti brevetti farmaceutici, a cominciare da quello del Viagra della Pfizer, riporta in rosso l''economia irlandese» scriveva il Sole24ore la scorsa settimana. Da Carlo Ranaudo docente di Analisi di mercato della facoltà di farmacia dell''Università Federico II Napoli una proposta-provocazione: «Allungare la copertura brevettuale ricetta per salvare dalla crisi economica quei paesi in cui le multinazionali hanno siti produttivi». Ecco le sue riflessioni.
Allungare la copertura brevettuale ricetta per salvare dalla crisi economica quei paesi in cui le multinazionali hanno siti produttivi. Potremmo pensare a una gara di solidarietà mondiale per salvare l’Irlanda. A parte la battuta nemmeno questa fantastica idea servirebbe a molto. Una multinazionale con un allungamento della copertura brevettuale dei propri farmaci avrebbe uno scarsissimo interesse a ricercarne di nuovi, si limiterebbe a produrre la materia prima nei paesi a minor costo. Risultato: Meno posti di lavoro maggiori profitti per l’industria e buona pace dei pazienti e dei conti degli Stati.
Eppure fino al 2005 funzionava più o meno così. Si immetteva sul mercato un farmaco innovativo poi, dopo un certo numero di anni, se ne lanciava sul mercato uno simile solo apparentemente innovativo. Nuova Aic, nuovo brevetto, promozione del nuovo prodotto sul medico che, abbastanza disorientato, man mano abbandonava la prescrizione del precedente. Il brevetto scadeva ma nessuno aveva interesse per il generico di un farmaco ormai uscito dalla prescrizione. I cosiddetti farmaci “me-too” con dietro un grande business economico. Un esempio: gli inibitori di pompa protonica: omeprazolo-pantoprazolo-esomeprazolo-lansoprazolo-rabeprazolo ognuno con piccolissime differenze ma immessi sul mercato con tempi diversi tali da garantire a tutti coperture nel tempo. Non parliamo degli antipertensivi: tra sartani e ace inibitori se ne contano a decine. Quando poi non si trovava più nulla si aggiungeva qualcosa, per esempio un po’ di diuretico (la sempre cara idroclorotiazide) e il vecchio prodotto riprendeva slancio e soprattutto assicurava profitti. Il Ssn pagava e tutti erano contenti anche il Pil. Che interesse poteva avere un azienda a studiare l’Alzhaimer o l’epatite C quando bastava così poco per avere una nuova molecola a basso costo. Si promozionava adeguatamente e il gioco era fatto. Ema e Aifa solo dopo anni, hanno scoperto l’equivalenza terapeutica e scritto nuove regole. Prescrizione e prezzi interessanti solo ai farmaci che agiscono sulle patologie con bisogni terapeutici ancora alti. Risultato: non si vedono altri antipertensivi, antiulcera, antinfiammatori senza che lo sfacelo sanitario si sia verificato. Scopriamo che tanti vecchi farmaci sono ancora i migliori e le Aziende hanno cominciato a fare ricerca su quelle malattie ancora poco curate.
Forse questo nuovo sistema ha inguaiato l’Irlanda, ma i conti dei Governi sono meno rossi, tanta gente può accedere a farmaci prima troppo costosi. Molte aziende hanno ripreso la ricerca vera perché il futuro in tutti i campi e soprattutto nella medicina è legato alla vera innovazione e non ad artifici economici o ai farmaci me-too.
Carlo Ranaudo
Università Federico II Napoli
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