Politica e Sanità
02 Aprile 2014Riattivato il tavolo di lavoro tra Omeoimprese, Aifa e ministero della Salute con l’obiettivo di arrivare al più presto a una soluzione, valutando una semplificazione delle registrazione e un’accelerazione dell’analisi dei dossier per la scadenza del 2015, data entro cui gli omeopatici dovranno essere sottoposti a un regime di registrazione e di valutazione assimilabile a quello dei farmaci tradizionali. È questo il principale esito degli incontri tra Omeoimprese e istituzioni, secondo quanto racconta Fausto Panni, presidente dell’associazione delle imprese produttrici di omeopatici che spiega: «Sono allo studio diverse ipotesi che vanno sulla falsariga di accettare quello che Governo si era già impegnato a fare, cioè valutare la possibilità di una semplificazione della documentazione affinché Aifa possa accelerare l’analisi dossier entro la fine del 2015. L’idea è cercare di far sì che ci sia una veloce risoluzione del problema, legato per altro anche alla questione delle tariffe, altrimenti la deadline del 2015 rischia di non essere sostenibile. Dal Ministero c’è un’apertura o quanto meno una volontà di chiudere positivamente la situazione. D’altra parte arriviamo da due anni in cui si è parlato più delle tariffe che non della documentazione necessaria per dossier». Il problema, continua Panni, è che «dal ‘95, da quando cioè siamo sul mercato, la situazione regolatoria si è evoluta notevolmente con costi che non sono sostenibili né è idoneo chiedere a noi, che abbiamo peculiarità proprie e non rientriamo in specifiche che fanno parte del corredo regolatorio delle aziende allopatiche. La necessità di garantire la sicurezza e qualità per il paziente è ovviamente sentita anche da noi, però c’è una certa difficoltà a capire che determinati requisiti sono al di là delle nostre peculiarità e sono da analizzare con attenzione e disponibilità. Cito l’esempio delle materie prime: i nostri non sono prodotti che vengono dalla chimica di sintesi ma dalla natura, che quindi presentano problematiche varie, come il tempo della raccolta o la mancanza di certe sostanze. Inoltre i nostri prodotti non sono standardizzabili e nemmeno lo è il quadro clinico dei farmaci omeopatici che i medici usano in modalità diverse, con una personalizzazione della terapia che quindi non può andare bene a 1.000 o 100.000 pazienti». D’altra parte, di fronte a una normativa europea che «ha fornito linee guida ma non ha posto reali paletti, paesi come Francia e Germania, mercati affermati e storicamente evoluti, hanno modificato le leggi a fronte di una diversità della omeopatia. Questo è un approccio che da noi si fatica a realizzare». Ma al di là di tutto, «la linea di tendenza emersa da parte delle istituzioni è quella di chiudere la partita il prima possibile».
Francesca Giani
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