Politica e Sanità

03 Settembre 2014

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È stato uno dei leit motiv di agosto, con la presentazione, a metà mese, del programma di razionalizzazione delle partecipate dagli enti locali - frutto del lavoro di uno dei gruppi sulla spending review - con un capitolo dedicato alle farmacie comunali definite «difficilmente giustificabili». E ieri il commissario straordinario Carlo Cottarelli è ritornato alla carica sul tema, ribadendo la necessità di sfoltire le municipalizzate - non solo le farmacie - da «8.000 a 1.000». Una partita che si giocherà soprattutto con la legge di Stabilità - intenzione di Cottarelli è fissare norme e sanzioni che rendano più stringente l'obbligo di dismissioni e chiusure - ma nella quale Assofarm intende giocare una parte: «Intendiamo muoverci» spiega il presidente delle farmacie comunali Venanzio Gizzi «e stiamo già raccogliendo dati e documenti». D'altra parte «non capisco l'impostazione di questa concezione. Tagliare le farmacie comunali non è cosa così semplice perché significa andare a rivedere un modello di Ssn, un sistema normativo e della distribuzione del farmaco consolidato. E poi c'è qualcosa che non torna: se l'obiettivo è davvero quello di ridurre gli sprechi e razionalizzare le spese perché si va a toccare proprio le farmacie comunali che dalla nostra recente indagine portano ai comuni, nel 50% di queste, 150 milioni di euro? Nemmeno tiene il confronto internazionale: a fronte di paesi come la Spagna in cui le farmacie comunali non ci sono, ve ne sono molti come la Francia, l'Inghilterra, il Belgio in cui ci sono. Credo che lo studio presentato sia solo una prima fase, senza un vero approfondimento nelle varie situazioni, e che l'impostazione sia piuttosto frutto di una determinata concezione culturale. Essere in assoluto contro la partecipazione degli enti locali non permette di tener conto del valore sociale di una determinata impresa».

Francesca Giani