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Politica e Sanità

27 Settembre 2014

Garattini, poca innovazione e poca ricerca indipendente


Una ricerca indipendente, soprattutto in Italia, in arretramento, un sistema legislativo per l'approvazione dei farmaci che rischia di non essere in grado di intercettare la vera innovazione perché poco orientato al «valore aggiunto terapeutico» e studi clinici controllati che non sempre tengono nella giusta considerazione le esigenze e le sofferenze del paziente. Sono solo alcuni degli aspetti di un sistema complessivo della ricerca farmaceutica che potrebbe dare di più. Il monito è stato lanciato da Silvio Garattini, farmacologo e direttore dell'Istituto Mario Negri, in un intervento a Milano in cui ha tracciato il quadro e analizzato una serie di dati: «Una riflessione va dedicata agli studi clinici controllati: la situazione in Europa è che ogni anno se ne realizzano circa 4.400 e di questi il 60% è direttamente sponsorizzato dall'industria farmaceutica e in Italia, in linea con l'abbandono della ricerca scientifica da parte del nostro Paese, la ricerca indipendente segna un -40% tra il 2008 e il 2012». Stoccata anche al quadro legislativo: «La normativa mette alla base dell'approvazione dei farmaci i parametri della sicurezza, efficacia e qualità, ma a mio parere dovrebbe indicare anche il valore aggiunto terapeutico, quanto un farmaco cioè sia in grado di garantire un impatto maggiore rispetto al migliore disponibile su qualità della vita, morbilità e mortalità». E, secondo Garattini, il quadro che ne esce è poco rassicurante: «secondo un'analisi della rivista Prescrire, su 961 farmaci approvati dal 1999 al 2008 un reale avanzamento di conoscenze e di risultati è avvenuto solo nel 2% dei casi, il che significa che solo 18-20 farmaci rappresentano un reale progresso. Ulteriori indagini hanno analizzato poi l'effetto sulla buona qualità della vita ed è emerso che solo nel 12% dei casi danno il risultato di un anno o più di buona qualità di vita, mentre negli altri casi, su questo aspetto, si rivelano quasi completamente inattivi».

Francesca Giani

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