Congresso Sifo, collaborazione con farmacisti comunità per successo pharmaceutical care
È sempre più specializzato, clinico, aperto ai dispositivi medici, lavora in team multi professionali, ma soprattutto mette sempre di più il paziente al centro e fa della collaborazione e della condivisione con i farmacisti di comunità un elemento cruciale per il successo della pharmaceutical care e della continuità di cure ospedale-territorio. È questo l'identikit del farmacista delle strutture sanitarie di oggi che emerge dal XXXV Congresso della Sifo, partito ieri a Montesilvano (Pescara). «I tempi di crisi» ha spiegato Laura Fabrizio, presidente Sifo, a margine del suo intervento, «l'universalità della sanità a rischio, la necessità di una razionalizzazione della spesa e della lotta agli sprechi sono esigenze che hanno reso opportuno un cambiamento da parte del farmacista che opera nelle strutture sanitarie. Il farmacista di oggi è una figura sempre più clinica, che esce dall'ambito della farmacia ospedaliera e lavora in team multidisciplinari, a contatto con medici e infermieri. Il percorso che ha interessato questa figura l'ha portata ad avere sempre meno un approccio farmacologico e sempre più orientato alla terapia, al paziente, facendo della compliance e dell'aderenza alla terapia principi cardine, insieme alla pharmaceutical care». In questa direzione, fondamentale è anche il rapporto con i farmacisti di comunità: «Per garantire l'aderenza alla terapia dei pazienti e una corretta continuità ospedale territorio credo sia importante confrontarsi e lavorare insieme, condividendo anche i knowhow e integrando le attività. Il principio cardine deve essere quello di un maggiore coinvolgimento del paziente e di una valorizzazione dell'alleanza terapeutica, che di fatto si rivela essere anche uno strumento per ridurre gli sprechi». Ma il farmacista delle strutture sanitarie è anche una figura sempre più specializzata: «Innanzitutto non si parla più di farmacista generico ma, per fare solo alcuni esempi, c'è il farmacista oncologico, infettivologo o il radiofarmacista» e poi centrale diventa sempre di più il mondo dei dispositivi medici: «È un settore in grande espansione che rappresenta ormai una voce di spesa ben più ampia di quella farmacologica. Si tratta di un ambito ad alto contenuto tecnologico, molto complesso e allo stato attuale fuori controllo in termini di razionalizzazione. La tendenza è allora quella di affidare la responsabilità della gestione di questo settore al farmacista». In questo senso fondamentale l'applicazione della metodologia dell'Hta, «una frontiera per il farmacista. Dalla promozione di progetti in Hta è possibile migliorare il rapporto costo-efficacia delle nuove tecnologie e avviare una seria razionalizzazione anche nella direzione di individuare e abbandonare gli strumenti più obsoleti. Si tratta di percorsi che rendono evidente come il farmacista sia una risorsa e non un costo e che stanno sempre più entrando a far parte del bagaglio culturale e del bisogno formativo». Dal congresso è arrivato anche un punto sul tavolo del Pht, che vede Sifo e Federfarma lavorare insieme: «Stiamo cercando di individuare principi condivisi che possano, a monte, guidare la definizione del canale distributivo del farmaco, ospedale, distretto o farmacia di comunità. Cardine deve essere il paziente, che deve beneficiare di un sistema distributivo in termini logistici e di garanzia di sicurezza, con un occhio anche alla razionalizzazione dei costi. Si tratta quindi di rapportare la definizione del canale alla tipologia del farmaco, includendo parametri come indice di rischio, tossicità, modalità di somministrazione, ma anche al percorso terapeutico del paziente. Se la patologia del paziente, come può essere quella oncologica, richiede un follow up continuo in ospedale, e se il farmaco necessita di un monitoraggio complesso, la definizione ricade sul contesto ospedaliero. Diverso il caso di patologie croniche, come per esempio diabete o ipertensione, che possono più comodamente afferire al territorio».
Francesca Giani
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