Politica e Sanità
25 Ottobre 2014In Italia l'omeopatia è a rischio, iniziano a chiudere le prime aziende produttrici con un danno per gli oltre 11 milioni di italiani che scelgono la medicina alternativa per curarsi e con circa 4000 posti di lavoro a rischio, tra dipendenti diretti e indotto. A lanciare l'allarme è Fausto Panni, presidente di Omeoimprese, a margine del convegno organizzato ieri a Roma dalle società mediche omeopatiche e antroposofiche. Se il problema delle tariffe di registrazione dei medicinali omeopatici, aumentate in seguito al decreto Balduzzi di circa il 700%, era stato risolto a febbraio 2014 grazie all'intervento del Tar, all'origine del problema attuale è l'eccessiva complessità e costo dei dossier da presentare all'Agenzia del farmaco (Aifa) per completare l'autorizzazione dei prodotti. A distanza di un anno, infatti, non è stato ancora tradotto in norma di legge l'accordo con il Ministero della Salute che «ne prometteva una semplificazione tale da adeguare l'Italia all'Europa». «L'accordo doveva tradursi in una norma che stiamo ancora aspettando. Tutto tace da parte del Governo», lamenta Panni, «ma così si va a colpire un mercato che produce un fatturato di circa 320 milioni di euro l'anno». La conseguenza, prosegue, è che «cominciano le prime chiusure, come è accaduto per la Siffra, di Cuneo. Altre due aziende sono prossime ad una scelta che appare inevitabile". Una situazione di immobilismo in cui, sostiene, a perderci è anche lo Stato «perché non incassa i soldi delle registrazioni dei farmaci e perde le entrate dovute all'Iva sui prodotti venduti».
Simona Zazzetta
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