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Politica e Sanità

31 Ottobre 2014

Equivalenti, per i cittadini il farmacista frena nella sostituzione


Diminuisce, anche se di poco, la frequenza con cui il farmacista propone al cittadino l'acquisto di un farmaco equivalente al posto di uno di marca: un obbligo previsto dal 2012 per legge ma assolto nel 2013 nel 53% dei casi contro il 58% di un anno prima. Il dato emerge dal sondaggio Doxa "la sostenibilità della cura" condotto su un campione di 600 italiani intervistati online e un secondo di medici di famiglia e farmacisti. L'indagine - al secondo ann o- tocca anche la sostenibilità del Ssn, individuando quattro atteggiamenti degli italiani (partecipativi, arrabbiati, auto-assolutori, fatalisti); tra i comportamenti da attivare per non sprecare i soldi della sanità pubblica spicca proprio l'utilizzo di equivalenti insieme alla prevenzione. Gli italiani curati con questi farmaci sono ormai il 92% e cresce di qualche punto sfiorando ormai l'80% la percentuale di chi ha un'esperienza d'uso favorevole; aumentano anche gli italiani convinti che i generici siano altrettanto tollerabili degli originator (dal 36 al 44%) ed altrettanto sicuri (dal 67 al 70%). Tra i farmacisti intervistati in un sondaggio a latere con i Mmg emerge la convinzione che gli equivalenti consentano maggiore accessibilità alla cura e risparmi al Ssn, ma anche la consapevolezza che la biodisponibilità rispetto al farmaco di marca possa essere inferiore. Claudio Distefano past president Fenagifar replica al giornalista Alessandro Cecchi Paone che rileva come nell'esperienza comune sia frequentissimo il caso del farmacista che sconsiglia al paziente l'uso di equivalenti, indirizzandolo al farmaco branded. «Si può dire che il farmacista sconsiglia l'equivalente e il suo contrario. Il farmacista nel suo adempiere alla legge è stato già rimproverato di avere convenienza nel sostenere gli equivalenti, ma non ci sono elementi per parlare di ragioni d'interesse: è solo un fatto culturale, dialogando con il cittadino ci riappropriamo del valore del nostro atto professionale». Pia Policicchio neopresidente Fenagifar sottolinea che «restano sacche di non collaborazione con i mmg» e le ragioni originarie sono un po' le stesse per le quali oggi il termine "equivalente" ha un'accezione migliore di "generico": «Il secondo termine si lega alla campagna divulgativa del 2002, quando si parlò di generico come alternativa economica senza soffermarsi sulla risposta terapeutica e sulla necessità di dare al pubblico certezze sull'equivalenza rispetto all'originator». Da qui forse nacquero convinzioni dure a morire. Peraltro dal sondaggio emergono dati paradossali e insieme incoraggianti. Un esempio? Pur diminuendo (dal 59 al 54%) resta davvero alta la percentuale di italiani convinta che i generici siano utilizzati di più all'estero che in Italia: ed estero vuol dire qualità, a giudicare dai giudizi di quel 32% del campione che ha avuto a che fare con le sanità straniere e le cui risposte, censite in base alle esperienze nei vari paesi, vedono puntualmente il nostro Ssn inferiore a tutti, incluse le sanità di Spagna e Grecia.

Mauro Miserendino

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