Parafarmacie invitano distributori a uguaglianza di trattamento con farmacie
«Le condizioni contrattuali e le prassi commerciali adottate dalle imprese di produzione o di distribuzione dei farmaci che si risolvono in una ingiustificata discriminazione tra farmacie e parafarmacie quanto ai tempi, alle condizioni, alle quantità e ai prezzi di fornitura, costituiscono casi di pratica commerciale sleale ai fini dell'applicazione delle vigenti disposizioni in materia». È un estratto del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (articolo 32, comma 3) che la Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane sta inviando, tramite lettera, ai principali distributori, per «ricordare» le previsioni della normativa ma soprattutto per informare che «vigileremo perché tale direttiva venga recepita, ed eventuali eccezioni verranno vagliate dal nostro ufficio legale». Una lettera in cui la Fnpi si «accredita presso le aziende destinatarie quale punto di riferimento dei titolari di parafarmacia» sottolineando il ruolo di «garante dei diritti, nonché dei doveri, di tutti gli iscritti» ma anche come referente «per qualunque proposta commerciale o professionale possa essere di reciproco interesse». Ma cuore della lettera la rivendicazione di un'uguaglianza di trattamento: «Come Federazione» si legge infatti «riconosciamo due situazioni, da palesare in fase di contratto, in cui siano legittime differenze ragionevoli di trattamento: casi di prima fornitura, in cui va dimostrata affidabilità reciproca e non ci sono pregressi su cui fare valutazioni, e casi di evidenti e quantificabili differenze di fatturato, sulla base di scaglioni di premio predeterminati e specificati, ma rigorosamente avulsi da discriminazioni di mera categoria tra farmacie e parafarmacie». Ma non finisce qui: nella lettera è contenuto anche l'invito «a porre particolare attenzione ai messaggi pubblicitari, televisivi, cartacei o di altra natura, affinché venga specificata la presenza del prodotto in questione sia in farmacia che in parafarmacia, onde evitare il rischio che si prefigurino danni economici per informazioni scorrette o incomplete».
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