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Diritto Sanitario

10 Gennaio 2024

Rincaro mascherine, reato di manovra speculativa su merci: ecco quando non sussiste

Assolto il titolare di una parafarmacia accusato di reato di manovre speculative su merci, nello specifico le mascherine protettive, durante la pandemia perché il fatto non sussiste. Ecco i motivi

di Avv. Rodolfo Pacifico


Rincaro mascherine, reato di manovra speculativa su merci: ecco quando non sussiste

Al legale rappresentante di una parafarmacia veniva contestato che essendosi verificata una situazione di grave rarefazione in ambito nazionale di mascherine e altri analoghi presidi individuali di protezione, merci da considerarsi di "prima necessità" in relazione alla emergenza da COVID-19, compiva manovre speculative consistite nell'acquistare 60 mascherine sanitarie al prezzo di Euro 7 più iva al 22% e rivendute a Euro 13,50, prezzo maggiorato e largamente superiore a quello ordinario di vendita prima dell'emergenza e in ogni caso applicando un ricarico del 52,22%, così contribuendo ad aggravare il rincaro sul mercato cittadino.
Con l'aggravante di aver profittato di circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, in considerazione delle necessità di protezione sanitaria nel tempo di emergenza epidemiologica e di aver abusato della prestazione d'opera, atteso che si trattava di un esercizio commerciale che erogava un servizio pubblico e la cui apertura era ancora consentita dopo i provvedimenti governativi di chiusura coatta a causa dell'emergenza epidemiologica.

Per il Tribunale il rincaro non ha messo in pericolo la pubblica economia
Il Tribunale anche in applicazione dei principi giurisprudenziali in materia ha evidenziato che nel caso concreto si trattava di un esercizio commerciale al dettaglio e che il sequestro aveva riguardato solo nove mascherine protettive che l'imputato aveva, peraltro, a sua volta acquistato da un rivenditore al costo complessivo di circa 9,00 euro ciascuna. Una dimensione imprenditoriale ed una quantità di beni che, quindi, non potevano, neppure astrattamente, reputarsi idonee a porre in pericolo la pubblica economia, così da determinare un vulnus alla situazione economica generale e da incidere su una zona abbastanza ampia del territorio dello Stato. Non può ritenersi che un singolo dettagliante non facente parte di alcuna catena distributiva, possa disporre di dimensioni aziendali, quantitativi di merce e capacità di influenza sugli altri operatori del settore, tali da poter integrare gli estremi del delitto di manovre speculative su merci previsto e punito dall’art. 501-bis codice penale.

Struttura imprenditoriale piccola e scorte esigue
La Suprema Corte ha osservato che in tema di manovre speculative su merci, dal momento che, in costanza di emergenza sanitaria dovuta a pandemia da Covid-19, i dispositivi di protezione individuale, quali sono le mascherine protettive, sono da considerarsi prodotti di prima necessità, la loro commercializzazione a prezzi irragionevolmente cari integra il reato di cui all'art. 501 bis c.p. Tuttavia, detto reato non è ravvisabile a fronte della modestia della struttura imprenditoriale a disposizione del soggetto agente, dimostrata dalla esiguità delle sue scorte e dalla unicità del macchinario da questi utilizzato nella catena produttiva, atteso che, in tale ipotesi, è del tutto improbabile che la sua condotta possa incidere sul mercato in maniera tale da determinare un generale rincaro dei prezzi delle mascherine protettive.   

Per approfondire, Tribunale di Taranto, 09.10.2023 su www.dirittosanitario.net 

TAG: COVID-19, MASCHERINE, PARAFARMACIA, TRIBUNALE, COMMERCIO

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