Farmacie e parafarmacie, crescita del 12,6% in dieci anni. Preoccupano desertificazione e impatti crisi
I contenuti di un report realizzato dall'ufficio studi di Confcommercio sulle imprese italiane: quasi centomila chiusure dal 2012 al 2022, ma farmacie e parafarmacie in controtendenza
Cresce, tra il 2012 e il 2022, la presenza sul territorio di farmacie e parafarmacie, a fronte di un processo che non si arresta di desertificazione di attività commerciali e servizi. Il numero di negozi continua a diminuire, con una tendenza più marcata nei centri storici rispetto alle periferie. A pesare, in parte, c'è stata la crisi sanitaria, economica ed energetica, mentre sembrano meno colpiti settori più legati alle tecnologie e ai servizi, tra cui quelli abitativi, che segnano un incremento. Il quadro emerge dal Report dell'Ufficio Studi di Confcommercio - realizzato su 120 Comuni medio-grandi, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 Comuni non capoluoghi di media dimensione - dal titolo "Demografia d'impresa nelle città italiane".
Rapporto Confcommercio: persi oltre 99mila negozi, ma farmacie e parafarmacie aumentano
A essere rilevato dal Rapporto, giunto alla sua ottava edizione, è la perdita, tra il 2012 e il 2022, di oltre 99mila attività di commercio al dettaglio, non compensata dalla crescita della presenza straniera nel commercio - sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) - o delle altre attività - alberghi, bar e ristoranti toccano +10.275 unità. Un trend che, analizzando 120 città medio-grandi, è più accentuato nei centri storici rispetto al resto del comune.Complessivamente, viene sottolineato, "la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti in precedenza". Nel periodo della pandemia, "tra il 2019 e il 2022, la perdita di tessuto commerciale in sede fissa ha visto una riduzione nel numero di punti di vendita attorno al 4%; per alberghi, bar e ristoranti il calo è stato del 2%". A ogni modo, a fronte della riduzione delle attività commerciali, "la popolazione residente, che ne costituisce il prevalente bacino di utenza, si è a sua volta ridotta dell'1,7%, sempre nei dieci anni considerati: dal 2012 al 2022 si contano 236mila abitanti circa in meno, di cui la maggior parte esce dalle città nell'ultimo triennio. La densità commerciale, pertanto, è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti, con una riduzione che è maggiore dove in precedenza il tessuto commerciale era più soli do". Si tratta di un processo "che fa paventare un vero e proprio rischio di desertificazione". Per grandi ripartizioni geografiche, "il Sud è caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale in generale". Da rilevare il probabile impatto della pandemia - e forse dello smart working - con la crescita del turismo e "della categoria altre forme di alloggio" oltre a quelle alberghiere.
Gli impatti di omnicanalità e delivery
Per il rapporto, va detto, da un punto di vista di tenuta economica, "rimane fondamentale l'omnicanalità, cioè l'utilizzo anche del canale online, che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022". Ma tale "elemento ha contribuito alla desertificazione commerciale, anche se rimane un'opportunità per il commercio fisico tradizionale". In parallelo anche il Delivery ha sempre più rilievo: "La crescita dei servizi di ristorazione rappresenta il riflesso di fenomeni socio-economici più complessi, come la progressiva sostituzione di pasti preparati in casa con pasti acquistati attraverso delivery presso attività di somministrazione con asporto. La quantificazione di questo processo di sostituzione è ancora incerta, ma la sua dimensione è indiscutibilmente rilevante e crescente".
Preoccupa il processo di desertificazione
In questo scenario a "cambiare è poi il tessuto commerciale all'interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%). La crescita delle attività di alloggio e ristorazione non compensa quindi le riduzioni del commercio, mentre modifica in misura rilevante le caratteristiche dell'offerta nelle città e nell'economia in generale". Ma per il Rapporto restano interrogativi: "Va posta la questione sulla sostenibilità di lungo termine di una città-svago, fornita di decrescenti livelli di servizio alla cittadinanza a favore dei non residenti, cioè prevalentemente dei turisti".
Il trend sul territorio per farmacie e parafarmacie
Un capitolo è poi dedicato al comparto delle farmacie e parafarmacie che nel periodo considerato segnano, come visto, un aumento complessivo del 12,6%, pur con variabilità territoriali. Per questo ambito, a seconda delle città, il trend di crescita può interessare tanto le periferie quanto i centri storici. Per fare qualche esempio in Lombardia, c'è Bergamo che vede passare le farmacie e parafarmacie del centro (CS) da 4 del 2012 a 5 del 2022, mentre quelle fuori dal centro (NCS) crescono da 34 a 36. A Sondrio, il trend interessa soprattutto il centro: si passa da 2 del centro (CS) e della periferia del 2012, a 5 nel centro. A Pavia si va da 24 presidi nella categoria CS e 9 NCS del 2012 a, rispettivamente, 31 e 13 del 2022. Cambiando regione, a Genova si va dai 48 del 2012 ai 50 del 2022 presidi nel centro storico, mentre al di fuori del centro si passa da 167 a 176. A Bari si va da un dato di 10 nel centro e 18 fuori del 2012 a un dato, nel 2022, rispettivamente di 12 e 31.
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A cura di Simona Zazzetta
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