farmacisti
29 Maggio 2024Lo stipendio e la conciliazione vita e lavoro sono i nodi centrali della riflessione, in vista della scadenza del Ccnl. A rilanciare il tema è il Conasfa, che sul dibattito relativo alla carenza di personale commenta la proposta di introdurre la figura di assistente tecnico, per segnalarne i rischi

Remunerazione e conciliazione vita e lavoro. Sono due dei nodi che occorre mettere al centro della riflessione, soprattutto in vista della scadenza del Ccnl. A rilanciare il tema è Angela Noferi, presidente Conasfa, che ritorna sul dibattito relativo alla carenza di personale e sulle proposte avanzate da alcuni componenti della categoria della figura di assistente tecnico, per segnalarne i rischi.
Conasfa: percepiamo sempre più stanchezza e preoccupazione dai collaboratori”
«Da quello che è il nostro percepito» spiega, «da parte dei collaboratori di farmacia viene segnalata sempre più preoccupazione e stanchezza e questo vale tanto per collaboratori che operano nel settore da più tempo, quanto per neo assunti». Innanzitutto, c’è il nodo della «retribuzione, che, anche a causa della forte inflazione, risulta sempre meno adeguata al costo della vita, poco attrattiva, e non commisurata alla responsabilità di un ruolo sanitario». Da più parti «gli ultimi dati indicano un calo nelle iscrizioni alla facoltà di farmacia e un aumento da parte di chi, uscito dall’università, sceglie altre strade, tra cui industria e insegnamento. D’altra parte, se pensiamo che lo stipendio di un neo laureato non supera i 1400 netti, per 40 ore settimanali, ci rendiamo conto delle difficoltà». Sul punto, «troviamo per altro che non sempre ci sia chiarezza sulla retribuzione dei farmacisti, che solo dopo diversi anni di anzianità riesce raggiungere cifre più alte».
A servire è «un reale riconoscimento della professione e della responsabilità del collaboratore. Se a livello politico sono stati compiuti passi avanti nel sancire l’evoluzione della farmacia come presidio sanitario sul territorio, tale percorso non è avvenuto di pari passo anche in un riconoscimento economico e a tutto tondo della figura del farmacista. Anche gli strumenti previsti nel precedente rinnovo contrattuale sono stati applicati in maniera disomogenea e a macchia di leopardo. Manca a oggi ancora un sistema di tutele che consenta al farmacista di esercitare in serenità servizi e presa in carico del paziente.
Turni obbligatori vs aperture estese: va trovato un punto di equilibrio
Poi c’è il tema della conciliazione vita e lavoro: «I farmacisti, nel momento in cui scelgono di esercitare la professione nelle farmacie di comunità, sono consapevoli che si tratta di un servizio alla collettività e ai cittadini e che è necessario garantirlo sempre. Ma un conto è l’apertura notturna e nei festivi, per turno obbligatorio, atta a garantire accesso all’assistenza, altra cosa è la liberalizzazione degli orari che oggi ha raggiunto, soprattutto in alcuni contesti, un’estensione eccessiva, ben al di là delle reali necessità del territorio». C’è un altro aspetto: «aperture estese possono essere sostenibili in presenza di un organico adeguato, che consenta una bilanciata gestione della turnazione dei dipendenti e una corretta distribuzione dei carichi di lavoro. Altrimenti, laddove i dipendenti sono in numero non sufficiente, si rischia di far gravare tale scelta sul dipendente, che si trova così a lavorare tutti i sabati e le domeniche, senza un reale recupero fisico e psicologico dal lavoro. Penso che, in ogni situazione, vada garantito il giusto riposo, un corretto equilibrio vita lavorativa e vita privata e, al contempo, una giusta retribuzione».
Tra non molto «ci sarà la scadenza del contratto della farmacia privata e successivamente anche quello delle farmacie speciali. Si tratta di momenti che rappresentano una occasione per dare realmente corpo all’evoluzione della figura del farmacista. Ma è anche un treno che va colto, perché il rischio è che non ve ne saranno altri».
Assistente del farmacista: dai non titolari monito sui rischi
Da Noferi arriva anche un commento in relazione al dibattito che è stato rilanciato di recente dalle dichiarazioni di Assofarm “sull’introduzione dell’Assistente del Farmacista, figura già collaudata in altri paesi europei e che verrebbe formata attraverso una laurea breve” quale “soluzione alla carenza di farmacisti”. Si “tratta di un professionista che svolgerebbe funzioni distributive logistiche e amministrative, lasciando al farmacista la supervisione sulla dispensazione del farmaco e sul rapporto consulenziale diretto col paziente”. Obiettivo è “sgravare il farmacista di mansioni che può fare anche un tecnico adeguatamente formato”, una strada parallela a quella di “creare più farmacisti, ottenibile laddove la carriera di farmacista dipendente sarà un lavoro professionalmente interessante ed economicamente gratificante” erano state le parole del neo presidente Luca Pieri.
Una proposta che «ha suscitato perplessità tra i farmacisti e che ci preoccupa molto. I farmacisti sono figure qualificate e preparate per gestire i servizi e la presa in carico del paziente. Si tratta solo di mettere tali professionisti nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio lavoro, in primo luogo attraverso un ambiente che li tuteli e li protegga, prospettando percorsi di crescita adeguati e soprattutto, come detto, con un appropriato riconoscimento economico. Questi sono passaggi imprescindibili, mentre le ipotesi formulate rischiano di introdurre elementi di destabilizzazione rispetto a un sistema costruito innanzitutto a tutela del paziente e della sua salute. La carenza di personale non va affrontata con scorciatoie, ma confrontandosi tutti insieme su quello che è il reale nodo».
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