Microbioma, alimenti fermentati favoriscono funzionalità e ceppi benefici. Ecco come
Oggi si guarda con particolare interesse agli alimenti fermentati, che fanno parte della storia alimentare umana da millenni. Non solo latte, ma carne, pesce, verdure, legumi, cereali e frutta sono stati nel tempo i substrati di questo processo, spesso favorito (e controllato) dall'aggiunta di starter specifici come i batteri lattici. I batteri più spesso presenti negli alimenti fermentati, sono per lo più Lactobacillus, Streptococcus, Lactococcus e Leuconostoc, ma anche lieviti e funghi. Oltre alla diversità microbica, il numero di microrganismi presenti negli alimenti fermentati varia a seconda del tipo di cibo, del processo e della conservazione.
Prevenzione di malattie croniche
Oggi si sa che questi alimenti (tramite i microrganismi che veicolano e grazie ai processi e alle interazioni che questi stabiliscono) favoriscono una selezione del microbioma in termini di diversità dei ceppi, con una potenziale limitazioni dei processi infiammatori a carico dell'organismo. La ricerca sul microbiota intestinale sta progredendo molto rapidamente fornendo risultati che spiegano il ruolo delle popolazioni batteriche, coinvolgendo ambiti un tempo impensati, che vanno dalla salute psichica (asse intestino-cervello), alla prevenzione di malattie croniche come il Parkinson, alle conseguenze dell'infiammazione sui processi degenerativi e di invecchiamento cellulare. Le applicazioni sempre più guardano al potenziale beneficio dell'uso di prebiotici e probiotici introdotti con la dieta sulla nostra salute.
Probiotici, prebiotici e alimenti fermentati
Le popolazioni batteriche intestinali sono in una relazione costante e attiva con gli stimoli esterni. È il concetto di exposoma e dell'impatto che l'ambiente a cui siamo esposti ha sulla salute. Non solo alimenti quindi, ma anche inquinanti ambientali, dalle micro e nanoplastiche ai composti dispersi nell'aerosol che ci circonda, divengono substrati da cui i microrganismi riescono ad estrarre composti carboniosi per nutrirsi, modificare gli equilibri e selezionarsi di conseguenza (non sempre, ovviamente, in ceppi benefici), producendo metaboliti di cui ancora si devono chiarire la natura e il ruolo nella selezione. La ricerca sta cercando di capire i meccanismi di queste interazioni ma quel che emerge chiaramente è che è possibile sfruttare questa capacità di adattamento e di trasformazione grazie a probiotici, prebiotici e alimenti fermentati, che sono una fonte quotidiana importante di microrganismi. "L'idea che gli alimenti siano privi di microrganismi non ha fondamento" fa notare Pier Sandro Cocconcelli, docente di microbiologia alimentare dell'Università Cattolica di Piacenza, intervenuto nell'ambito del X° Simposio Internazionale Yakult (Microbiota and Probiotics: Chances and Challenges!) in cui si è parlato dello stato dell'arte della ricerca sul ruolo del microbiota sulla salute umana e quindi delle modalità di interazione con gli alimenti e la dieta. Escludendo ovviamente i patogeni, che non devono esserci, i microrganismi che assumiamo tramite il cibo hanno un impatto potenziale importante sul nostro sistema intestinale. "Il ruolo del microbiota commensale comunque - sottolinea l'esperto - rimane difficile da valutare". Sui tempi necessari alla dieta per modulare la composizione microbica non ci sono ancora certezze. "Alcuni ceppi hanno risposte rapide, per altri è richiesto un tempo maggiore" spiega Patrizia Brigidi, docente di biotecnologie delle fermentazioni (Università di Bologna). La via alimentare rimane comunque quella più semplice ed efficace per veicolare nel tratto gastrointestinale microrganismi importanti che possono modulare il microbiota favorendo la prevenzione di malattie degenerative e il controllo dei processi infiammatori favoriti da microrganismi proteolitici (patobionti) alla base dell'invecchiamento cellulare e di molte patologie croniche degenerative in tarda età.
Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare
TAG:DIETA, MICROBIOMA
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