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04 Settembre 2024

Vitamina D, integrazione per prevenire malattie non scheletriche: le nuove linee guida americane

Sono state pubblicate nuove linee guida sull'integrazione con vitamina D per prevenire malattie non scheletriche associate alla carenza della vitamina. Lo riporta Endocrinologia33 con il commento degli esperti dell'Associazione Medici Endocrinologi

di Redazione Farmacista33


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La rivista scientifica “The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism” della Endocrine Society ha pubblicato le nuove indicazioni sull’uso della vitamina D per la prevenzione delle malattie non scheletriche associate alla carenza. Lo riporta Endocrinologia33.

Malattie non ossee associate a carenza vitaminica

Sono uscite di recente su “JCEM” delle linee guida pratiche della Endocrine Society relative all’uso della vitamina D per la prevenzione delle malattie. Si tratta di un documento unico, che si distingue rispetto a tutte le linee guida esistenti, in ambito sia nazionale sia internazionale, sull’uso della vitamina D. «Il concetto fondamentale» spiega Fabio Vescini, Direttore della SOC Endocrinologia presso l’ASUFC (Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale) e Coordinatore della Commissione Metabolismo Minerale e Osseo AME (Associazione Medici Endocrinologi) «è che sul trattamento delle patologie scheletriche con supplementazione di vitamina D esistono ottime linee guida, anche italiane, come quelle della SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) e della AME. Queste linee guida hanno il compito di identificare le persone che, a causa di condizioni o malattie, si trovano a rischio di ipovitaminosi D e delle conseguenze più gravi che ne possono derivare, quali osteomalacia nell'adulto, rachitismo nel bambino e osteoporosi. Va detto» aggiunge Vescini «che molte malattie sono state associate alla carenza di vitamina D, tra cui – oltre alle malattie muscolo-scheletriche -patologie metaboliche come il diabete, neurologiche come la sclerosi multipla, cardiovascolari, diversi tipi di tumori come quello del colon, malattie autoimmuni e infettive, in particolare quelle del tratto respiratorio». Un’ampia casistica pubblicata dallo stesso Vescini e collaboratori nel 2011 aveva dimostrato che in pazienti con HIV vi erano frequentemente bassi livelli di vitamina D i quali, quanto più erano bassi, tanto più si associavano al rischio di sviluppare diabete, insufficienza renale o malattie cardiovascolari.

Le novità delle linee guida

«La novità di queste recenti linee guida» riprende l’esperto «è di prendere in considerazione popolazioni sane, valutando se la supplementazione di vitamina D possa ridurre il rischio di malattie extra-scheletriche associate all'ipovitaminosi D. Si valutano diverse fasce d'età: da un anno a 18 anni, sopra i 75 anni, e infine un gruppo intermedio dai 19 ai 50 anni e dai 50 ai 75 anni, che potremmo chiamare adulti e adulti avanzati. In tutti i casi si parla di individui sani e non malati».

Riassumendo, le linee guida:1) esaminano l'importanza della supplementazione di vitamina D, non come terapia, ma come prevenzione per varie fasce d'età e in condizioni come gravidanza, pre-diabete, cute scura, obesità; 2) valutano se la supplementazione sia più utile rispetto alla sua mancata effettuazione; 3) verificano se sia vantaggioso dosare nel sangue la vitamina D in queste popolazioni altrimenti sane.

«Le linee guida affrontano anche l'importanza della supplementazione di vitamina D in varie forme, sia quelle più “farmacologiche” come gocce e capsule, sia attraverso integratori di vario tipo, presenti specialmente negli Stati Uniti» afferma Vescini. «In Italia, a differenza del Nord Europa e dell'America, non si pratica l'arricchimento dei cibi con vitamina D».

I punti chiave delle nuove indicazioni

«Nei sani è inutile dosare la vitamina D nel sangue a qualunque età» premette Vescini. «Da uno a 18 anni (e non solo da 0 a 1 anno) la somministrazione di vitamina D previene il rachitismo e potrebbe ridurre il rischio di infezioni del tratto respiratorio superiore (bronchiti, faringiti, tonsilliti): il suggerimento è di fornire supplementi giornalieri con cibi fortificati o polivitaminici oppure pillole o gocce. La dose media stimata è di circa 1.200 unità/die» osserva l’endocrinologo.

«Secondo il documento, nei soggetti dai 18 ai 75 anni non serve somministrare vitamina D ai sani, perché non vi sono benefici ulteriori sulla salute, né occorre dosarla; nelle persone che hanno compiuto i 75 anni, la supplementazione può abbassare il rischio di mortalità e possono essere dati supplementi vitaminici anche con generosità» prosegue lo specialista.

«Durante la gravidanza, la supplementazione di vitamina D riduce il rischio di pre-eclampsia, morte intrauterina, nascita prematura o sottopeso e di mortalità generale neonatale e va quindi sempre effettuata. Non occorre dosare la vitamina ricorrendo ad analisi di laboratorio» prosegue Vescini.

Con le quantità contenute nella quasi totalità delle formulazioni commerciali, non c'è rischio di sovradosaggio nella somministrazione empirica di vitamina D, chiarisce Vescini. «Parliamo di colecalciferolo, di origine animale, o ergocalciferolo di origine vegetale. Queste vitamine hanno una regolazione finissima nel nostro organismo. E nei soggetti sani vengono attivate o disattivate a seconda delle necessità. Intossicarsi con questi precursori è perciò molto difficile».

Inoltre, nei soggetti adulti che abbiano un pre-diabete, quindi una ridotta tolleranza glucidica, «prima di tutto occorre modificare lo stile di vita, ma la somministrazione empirica di vitamina D stando a queste linee guida riduce il rischio della progressione verso il diabete conclamato. La forza della raccomandazione è bassa, l'evidenza è buona». Riguardo all’obesità «non ci sono grosse evidenze che dosare la vitamina D sia utile e che questi supplementi empirici migliorino la salute. Nelle linee guida italiane i soggetti obesi sono invece inseriti tra quelli ad alto rischio di ipovitaminosi che vanno trattati» sottolinea l’esperto.

Ulteriore novità contenuta nel documento: «nelle persone che devono assumere la vitamina D per evidenze riportate in tutte le altre linee guida, emerge che la somministrazione giornaliera a dosi più basse refratte è più efficace rispetto alla somministrazione in periodi più lunghi (settimanale, mensile, bimensile) e a dosi più alte» riporta l’endocrinologo.

In conclusione, afferma Vescini, la vitamina D è un nutriente unico, non abbondante nei cibi e sintetizzato dal nostro corpo. La supplementazione è essenziale, specialmente durante i mesi invernali, per prevenire carenze. È importante monitorare categorie particolari come i giovani, specialmente quelli che fanno poco sport all'aperto, le donne incinte, le persone con pre-diabete e gli anziani, anche quelli sani, autosufficienti. Le linee guida forniscono indicazioni preziose per la gestione della vitamina D e la prevenzione delle malattie associate alla sua carenza.

Arturo Zenorini

Fonte

J Clin Endocrinol Metab, 2024;109:1907-47. doi: 10.1210/clinem/dgae290.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38828931/

https://www.doctor33.it/articolo/62004/vitamina-d-nuove-linee-guida-americane-per-la-prevenzione-delle-malattie-extra-scheletriche 

TAG: LINEE GUIDA, VITAMINA D, CARENZA DI VITAMINA D, ASSOCIAZIONE MEDICI ENDOCRINOLOGI

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