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Politica e Sanità

02 Novembre 2016

Referendum, Mandelli (Fi): se vince il sì più contenziosi Stato-Regioni in sanità


Se passa il sì al referendum sul lifting costituzionale, dopo non avremo nessuno stato difensore dei deboli; nessun paladino pronto ad intervenire in regioni periferiche per tutelare il diritto alla salute, chiudere ospedali fatiscenti, valorizzare reparti indispensabili. E il contenzioso sulle competenze tra stato e regioni non finirà. Al contrario, ci sono molti indizi di un futuro malfunzionamento delle istituzioni centrali e locali. È il pensiero del senatore Andrea Mandelli, vicepresidente della Commissione Bilancio. Mandelli è anche farmacista, presidente dell'Ordine professionale, la sanità la conosce. E sul nuovo titolo V è scettico, per usare un eufemismo. «È facile fare della salute un tema demagogico - dice Mandelli -. Nella pratica però la riforma del Titolo V scandisce le competenze stato-regioni in maniera confusa, affidando poi allo Stato attraverso la clausola di supremazia la possibilità di intervenire ogniqualvolta ritiene sia in gioco l'interesse nazionale. In sintesi, dopo il fallimento della riforma Prodi del 2001 ci apprestiamo a vedere un ulteriore trionfo delle contrapposizioni». Il nuovo testo, per Mandelli, non permetterà di superare i battibecchi stato-regioni sulle competenze legislative innescate dal testo del 2001. «Intanto, i rallentamenti dovuti alla dialettica stato-regioni non si possono risolvere lasciando fuori dagli oneri del Titolo V le Regioni a statuto speciale, come è stato fatto. In secondo luogo, con le nuove disposizioni, alle regioni non solo restano le competenze organizzative e di programmazione, ma anche la possibilità di occuparsi delle materie che la Carta non riserva esplicitamente allo Stato. Non è difficile prevedere che nasceranno ulteriori ricorsi alla corte costituzionale, inasprendo la contrapposizione tra livelli di governo cui abbiamo assistito in questi anni». Anche la composizione del nuovo Senato, che prevede 74 consiglieri regionali e 21 sindaci, è, per il senatore azzurro, fonte di criticità. «I consigli regionali e i comuni verranno 'svuotati' e coloro che sono stati eletti dai cittadini per amministrare un ente locale dovranno andare a Roma ad occuparsi di tutt'altro. Perché, non dimentichiamolo, le competenze del nuovo Senato includono anche il recepimento di norme europee - a cui si aggiungerà l'inevitabile revisione dei trattati in seguito alla Brexit - l'approvazione di leggi che richiedono oneri di spesa e la valutazione di tutte le proposte approvate dalla Camera che si reputerà opportuno richiamare, previo voto a maggioranza qualificata. Consiglieri e sindaci, quindi, verranno fagocitati dalle questioni nazionali, e sul territorio la loro assenza si farà sentire. Basti pensare al caso dei sindaci dei comuni terremotati: come potrebbero gestire l'emergenza e, contemporaneamente, svolgere il proprio ruolo a Roma?» Per Mandelli «più si approfondisce la conoscenza di questa riforma, più si scopre che è disorganica e caotica: un'occasione persa. Oltre 60 anni fa, il padre costituente Piero Calamandrei si chiedeva che cosa avrebbero pensato i posteri della Carta Costituzionale e del percorso che aveva portato alla sua stesura. Oggi la domanda va ribaltata. Mi chiedo, infatti, cosa penserebbe Calamandrei del percorso di forzature da cui è scaturito l'intervento riformatore dell'esecutivo e del risultato che ne è derivato. E mi domando cosa penserebbero i nostri padri costituenti del modo in cui il premier sta 'vendendo' la riforma della Carta, come se si trattasse un genere di consumo».


Mauro Miserendino

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