Medicina
02 Ottobre 2023 Insonnia cronica in donne in menopausa e complicanze come depressione e ipertensione. Se ne è parlato al Congresso Nazionale della Sno

Nel corso della vita il 50% circa della popolazione generale presenta alterazioni del sonno, come l’insonnia cronica che colpisce il 10-15% della popolazione e tra i fattori di rischio ci sono la menopausa e il lavoro su turni, in particolare quelli notturni. L’insonnia può portare complicanze come depressione, ipertensione e disturbi del respiro come le apnee ostruttive. Questi sono i temi in oggetto nella sessione “Nuove prospettive nel trattamento dell'insonnia”, svoltasi al 62esimo Congresso Nazionale della Sno (Scienze neurologiche ospedaliere) in corso a Firenze.
Cos’è l’insonnia e quali aspetti la caratterizzano
L'insonnia, uno dei principali disturbi del sonno, è definita come una persistente difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno, o una riduzione della durata del sonno nonostante le opportunità e le circostanze siano adeguate, con una compromissione delle funzioni diurne. Dell’insonnia vengono considerati anche altri aspetti come la durata, a seconda che l’insonnia duri meno o più di 3 mesi (acuta o cronica), la gravità, definita in genere sulla base della frequenza (superiore a 3 volte la settimana), la modalità di presentazione nel corso della notte (iniziale, centrale o terminale). Inoltre, il grado di disturbo del sonno richiesto per connotarne il significato clinico varia con l’età.
Ecco quali sono i sintomi e le complicanze
L’insonnia è un disturbo delle 'ventiquattro ore' con sintomi notturni e diurni: Enrica Bonanni, responsabile del Centro di Medicina del Sonno di Neurologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana afferma: "I sintomi notturni comprendono la difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno, al risveglio precoce al mattino, la resistenza ad andare a letto e la difficoltà a dormire senza il caregiver (nei bambini e negli anziani dementi). Per quanto riguarda i sintomi diurni, il paziente o un genitore o caregiver riferiscono fatica/malessere, compromissione di attenzione, concentrazione o memoria, compromissione delle prestazioni sociali, familiari, lavorative o scolastiche".
Alle attuali difficoltà nel sonno, poi, vengono occasionalmente attribuite anche cefalea e disturbi gastrointestinali. Le principali complicanze dell’insonnia dice Bonanni sono "Un aumentato rischio di depressione, ipertensione, disabilità lavorativa e prolungato uso di farmaci o prodotti da banco".
Donne in menopausa e turnisti notturni i più soggetti all’insonnia
Bonanni continua: "L’epidemiologia dell’insonnia evidenzia come sia un problema comune in tutto il mondo: circa 1/3 della popolazione adulta riferisce di averla sperimentata per un breve periodo e il 10-15% è affetto da una forma cronica. L’insonnia cronica è un disturbo che raramente va incontro ad una remissione spontanea; a questo riguardo alcuni studi indicano che nell’85% dei pazienti è ancora presente dopo due anni e che può persistere per 10 anni o più nel 15-50% dei casi".
I principali fattori di rischio per l’insonnia cronica sono stati individuati nel sesso femminile, specialmente nel periodo della menopausa, con una stima del disturbo in circa il 14% degli adulti di 18-34 anni e nel 40-60% nei soggetti con età superiore ai 65 anni.
Altro importante fattore di rischio è il turnismo, con una prevalenza doppia nei lavoratori notturni rispetto ai lavoratori diurni e superiore ai turni in rotazione. "I vari studi- ha spiegato la neurologa- riportano una familiarità nell’insonnia del 34%-55% ed è stata riportata un’aggregazione familiare con elevata ereditarietà".
Tra i disturbi del sonno anche la narcolessia e l’ipersonnia
Tra i disturbi del sonno anche la narcolessia, che rientra nel gruppo delle patologie rare, secondo quanto stabilito dal ministero della Salute nel 1998, e colpisce tra lo 0,02% e l'1,16% della popolazione caucasica. L’età di insorgenza più tipica della narcolessia è nell’adolescenza o nella prima età adulta, ma “può comparire a qualunque età”.
Una sintomatologia clinica dominata dalla eccessiva sonnolenza diurna, invece, è l’ipersonnia, che può essere associata a disturbi psichiatrici: "Abbiamo un sottotipo associato a disturbi dell’umore (depressione atipica, disturbo bipolare di tipo II, disturbo affettivo stagionale con craving per carboidrati, fatica, perdita concentrazione, aumento di peso)- spiega l’esperta- e un sottotipo associato invece a disturbi somatoformi o da conversione (pseudo ipersonnie, pseudonarcolessie e pseudo cataplessie)".
Quando si effettua una visita per eccessiva sonnolenza diurna, ha quindi chiarito l’esperta, è necessario “assicurarsi che sia vera sonnolenza e non stanchezza o fatica; raccogliere l’anamnesi anche con un testimone; escludere cause di sonno insufficiente o di scarsa qualità utilizzando anche il diario del sonno, o e/o l’actigrafo; valutare l’associazione con altre patologie e la storia farmacologica (che deve includere le abitudini all’uso di alcool)”.
Apnee ostruttive del sonno: prevalente per il 49% negli uomini
Capitolo a parte sono i disturbi del respiro correlati al sonno, che consistono in sindromi caratterizzate da fenomeni respiratori anomali (apnee, ipopnee, ipoventilazione) presenti durante il sonno. La patologia più frequente è la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Osas), che si caratterizza per ripetuti episodi di ostruzione delle vie aeree superiori, mentre il controllo centrale della respirazione e dei movimenti toracici ed addominali è preservata. I più recenti dati epidemiologici nella popolazione di Losanna indicano che tra i 40 e gli 85 anni la prevalenza è del 49,7% nel sesso maschile e del 23,4% in quello femminile. Pur essendo stato osservato che negli ultimi 20 anni l'incremento della prevalenza dell’Osas è associato all’incremento della prevalenza e severità dell’obesità, tale patologia è significativamente presente anche in soggetti normopeso.
Inoltre, ha concluso Bonanni: “La sua prevalenza aumenta dopo la menopausa e ha valori stimati tra il 14 ed il 45% nella fase più avanzata della gravidanza. Dati internazionali, inoltre, stimano che sia pari o superiore all’80% il numero dei soggetti con Osas che non sanno di esserne affetti. L’Osas, bisogna poi ricordare, è responsabile del 21,9% degli incidenti stradali. Questo rischio è più che doppio rispetto a quello imputabile all’abuso di alcool e/o al consumo di ansiolitici o cannabis”.
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