FarmacistaPiù2024
07 Novembre 2024Inaugurata a Roma l’undicesima edizione di FarmacistaPiù, il congresso dei farmacisti italiani. Al centro l'evoluzione tecnologica in sanità e l'innovazione in farmacia
«Riconosco il ruolo storico delle farmacie nel rapporto diretto con il cittadino. Il Dossier farmaceutico è parte integrante del Fascicolo sanitario elettronico, strumento fondamentale per una medicina personalizzata. Sono convinto che Cup e Fse possano trovare una ulteriore integrazione, così come il monitoraggio della cronicità da parte dei farmacisti sarà sempre più importante. Se si parla di innovazione la logistica del farmaco è già all’avanguardia e, in particolare, le farmacie si avvalgono da tempo di strumenti digitali come la telemedicina». È il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’innovazione Alessio Butti ad aprire, a Roma, l’undicesima edizione di FarmacistaPiù. Al centro del dibattito “Processi di evoluzione tecnologica a supporto della sanità, farmacisti e farmacie pionieri di innovazione”.
Partendo dall’attività svolta in questi due anni dal governo di cui fa parte, Butti afferma che «in Italia manca una vera cultura del dato. Abbiamo pochissimi dati sanitari e clinici a disposizione. Quello che vogliamo sviluppare è il concetto di architettura federata dei dati sanitari, che sia il frutto di un dialogo continuo con il Garante per la privacy e con le categorie professionali». Un tema cruciale resta quello dell’implementazione del Fse, sulla quale, tra l’altro, il Pnrr investe ingenti risorse. Permane, fa notare Butti, una notevole disomogeneità tra Regione e Regione: «Manca prima di tutto l’interoperabilità. Da parte sua il governo ha varato nel settembre 2023 un decreto ministeriale finalizzato a standardizzare le procedure regionali in tema di Fascicolo sanitario elettronico ed è quasi in fase conclusiva la redazione di un altro decreto che invece partirà dal presupposto che alcuni dati sanitari possano rimanere sul territorio nel quale sono stato generati, ma altri dovranno confluire in un repository centrale il cui controllo spetta al ministero della Salute».
Sollecitato sulle prospettive dell’intelligenza artificiale Butti conclude mettendone in luce le enormi potenzialità nell’accelerare le attività di ricerca sui farmaci, antibiotici in primis, anche se «l’aspetto tecnologico, anche in questo campo, non deve mai prevalere sul fattore umano».
L’analisi di Mariano Corso - ordinario di Leadership & Innovation al Politecnico di Milano, responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale - parte da alcuni dati di fatto: l’Italia è un Paese anziano e ha problemi di finanza pubblica. Esiste quindi «un gap notevole tra risorse disponibili e domanda sanitaria. Il rapporto spesa sanitaria/Pil è sotto la media Ocse e in più ci sono annualmente 45 miliardi di spesa out of pocket, a carico completamente del cittadino. Altre criticità sono la frammentazione regionale e la carenza strutturale del personale sanitario, in particolare di quello infermieristico, nettamente inferiore, in rapporto ai mille abitanti, rispetto a quello operante in Francia e Germania».
Quali rimedi allora? «La risposta possibile è l’innovazione digitale, occorre ripensare la struttura del Ssn attraverso la tecnologia. Obiettivo finale la connected care, un ecosistema della salute disegnato attorno al cittadino, cui partecipino tutti gli operatori della sanità. Fattori salienti la prevenzione, gli stili di vita, l’accesso appropriato ai servizi di cura, la telemedicina, l’intelligenza artificiale. L’innovazione non deve essere solo tecnologica, ma solo organizzativa e normativa». Gli investimenti in sanità digitale, fa notare Corso, sono ancora limitati, benché in crescita nel 2023, ma soprattutto «mancano competenze e cultura digitale, nelle organizzazioni come nei singoli cittadini. C’è un persistente rischio di digital divide: solo il 18% degli over 64 è in grado di interpretare i dati inerenti alla propria salute. E qui i farmacisti possono avere un ruolo fondamentale nel contribuire a colmare questo divario digitale, grazie alla predilezione che da sempre i cittadini manifestano verso la farmacia come luogo fisico di prossimità, dove ricevere determinati servizi di cura».
Alice Borghini - dirigente UOSD Sanità digitale e Telemedicina di Agenas - sottolinea che l’Agenzia sta «facendo grandi investimenti sulle infrastrutture, in collaborazione con Regioni e ministero della Salute, ma poi bisogna lavorare sulle competenze digitali. Anche il Ssn si deve adeguare alle procedure da remoto tipiche della nostra vita quotidiana. In questo contesto la rete delle farmacie è molto importante, non a caso le farmacie rurali sono finanziate dal Pnrr perché possano giovarsi anch’esse dell'innovazione tecnologica. Del resto già nella formulazione della farmacia dei servizi c’è una forte componente di innovazione. In prospettiva l’Intelligenza artificiale potrà dare un grande supporto alle attività sanitarie ma è compito prioritario dell’Agenas vegliare sulla qualità degli strumenti adottati, certificarne la validità».
Il presidente di Federfarma Marco Cossolo, conferma, prendendo spunto dalla relazione di Corso, la gravità del digital divide che affligge il Paese: «L’introduzione di nuove tecnologie implica anche un cambiamento organizzativo. Per quanto riguarda la farmacia è dal 1994 che trasmettiamo dati sanitari al Ssn, da decenni esistono servizi di Cup e ora ci sono le nuove prospettive contenute nel Dm 77. Il problema è che tutte le attività che svolgiamo sono all’insegna della disomogeneità, bisogna metterle a sistema perché siano davvero un generatore di efficienza. Quanto all’Intelligenza artificiale, pensiamo a quanto tempo potrebbe far risparmiare ai farmacisti se impiegata nella compilazione degli ordini».
«I farmacisti sono davvero da considerare pionieri di innovazione», mette in luce Luigi D’Ambrosio Lettieri, presidente della Fondazione Cannavò. «Pensiamo a tutti i servizi di carattere digitale erogati, alla robotica applicata alla logistica della farmacia, al Cup che è più vicino al cittadino di quello praticato dalle Asl. E ora nella didattica dei corsi laurea in Farmacia è prevista la disciplina della “Informatica in sanità”. Quello che però va intensificato è il dialogo con le istituzioni regionali e nazionali. Di Fse e Dossier farmaceutico si parla dal 2013, troppo tempo è passato, i processi di evoluzione tecnologica dei sistemi sono velocissimi e non possiamo sempre inseguirli».
Conclude il presidente di Utifar Eugenio Leopardi ricordando, sempre in tema di innovazione in farmacia, che fu per prima Federfarma Lazio a forzare la mano, in tempi di pandemia, perché si potessero praticare i tamponi in farmacia. E che furono ben novemila i farmacisti a seguire un corso Utifar sul farmacista vaccinatore quando ancora la normativa non consentiva tale attività.
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