Politica e Sanità
10 Febbraio 2015Dato l'impatto che iniziative di pharmaceutical care potrebbero avere sulla popolazione e sul Ssn, credo si possa iniziare a valutare di non legarla necessariamente a un luogo fisico, che sia la farmacia di comunità o di distretto, ma di creare delle figure di farmacisti specializzati sul territorio, che operino in collegamento con medici di medicina generale e specialisti e sotto il coordinamento delle Asl, avviando percorsi di discussione entro le categorie professionali anche con l'obiettivo di creare nuovi sbocchi occupazionali. A fare la riflessione Francesco Imperadrice, presidente Sinasfa, che spiega: «I progetti di pharmaceutical care sul territorio non si sono ancora diffusi in maniera consistente e in alcune realtà stanno un po' segnando il passo. D'altra parte, attivare iniziative di questo tipo richiede per le farmacie investimenti, in termini economici ma anche di tempo, e risorse dedicate, che in questo momento non tutte sono in grado di mettere. In questa fase, le farmacie si trovano in un momento di difficoltà, faticano ad assumere nuovo personale o anche solo a mantenere le posizioni già presenti e difficilmente possono permettersi di distogliere i collaboratori dalle attività principali. Al contrario, esistono tanti farmacisti che al momento si trovano senza impiego e che potrebbero essere impiegati su iniziative di pharmaceutical care sul territorio. Credo cioè che sia arrivato il momento di iniziare a valutare di non vincolare necessariamente tali iniziative a un luogo specifico, quale può essere la farmacia, che comunque continuerebbe ad avviarli: le strutture del Ssn in grado di gestire tali attività sul territorio - che resterebbero appannaggio naturalmente di farmacisti - sono tante, ma si può anche arrivare a pensare a un contributo del farmacista in Assistenza domiciliare integrata o anche in maniera coordinata dalla Asl, che può limitarsi a fornire la coorte di pazienti su cui avviare il monitoraggio dell'aderenza terapeutica e di altri parametri. Figure che potrebbero anche operare in collaborazione con i medici di medicina generale o gli specialisti».
Francesca Giani
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