Politica e Sanità
07 Luglio 2015Il caso segnalato da Farmacista33 (cfr. Farmacista33 27 giugno)di una farmacista che ha lasciato un lavoro con contratto a progetto «perché non previsto tra le condizioni favorevoli alla riduzione della contribuzione Enpaf», ha generato la risposta dell'ente che per voce del presidente Emilio Croce, intende fare chiarezza su alcuni aspetti.
«Le parole della giovane farmacista di Milano palesano purtroppo una profonda disinformazione; da parte dell'iscritta è stato sostenuto un costo e sono state operate delle scelte professionali che potevano essere diverse se la stessa fosse stata ben informata. L'Enpaf, infatti, pone a disposizione diversi canali di comunicazione: è sufficiente accedere al sito internet www.enpaf.it. È inverosimile che un iscritto che svolge l'attività nell'ambito di uno stage o tirocinio formativo paghi il contributo previdenziale in misura intera, perché questo rapporto lavorativo non configura esercizio di attività professionale e, dunque, non può essere assoggettato alla quota Enpaf intera, semmai alla quota riservata all'iscritto non esercente attività professionale. Inoltre, la contestuale iscrizione al centro per l'impiego avrebbe consentito all'iscritta di versare il contributo di solidarietà.
Quanto al contratto a progetto, comunque abolito dal decreto legislativo n. 81/2015 e, inoltre, precluso agli iscritti in Albi professionali, la nostra interlocutrice di cui, peraltro, non conosciamo il nome, non spiega in modo chiaro il tipo di attività svolta, in quanto dichiara di aver svolto attività professionale, non come farmacista. Dunque, ove non si trattasse di attività professionale, il versamento della quota contributiva intera non sarebbe dovuto, la quota contributiva poteva essere ridotta nella misura del 50% e, con l'iscrizione al Centro per l'impiego, le sarebbe stato addirittura riconosciuto il contributo di solidarietà. Diverso, ovviamente, il caso di svolgimento di attività professionale, per il quale la preclusione di altra copertura previdenziale obbligatoria avrebbe comportato l'applicazione della quota intera. L'Ente si è fatto carico di situazioni di questo tipo, stanziando somme cospicue della sezione Assistenza per alleviare in tutto o in parte il peso del carico contributivo; c'è lo spazio per ampliare l'ambito degli interventi. In chiave più generale, i tempi recenti hanno, purtroppo, portato al proliferare di contratti atipici, come, peraltro, molto opportunamente ricorda il titolo dell'articolo; la crisi economica, tuttavia, non è sempre un buon motivo per lasciare i giovani professionisti in una condizione palese di sottoprotezione sociale e addirittura privi di garanzia previdenziale, in presenza di questi rapporti contrattuali che spesso si protraggono per anni, compromettendo addirittura la futura posizione pensionistica dell'iscritto. È questa la responsabilità che ci si vuole assumere di fronte alle nuove generazioni?».
Emilio Croce
Presidente Enpaf
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