Politica e Sanità
09 Luglio 2015La difficoltà di mettere a disposizione dei pazienti i nuovi farmaci orfani si è evidenziata come problematica cruciale nel primo Orphan drug day, un evento organizzato dall'Osservatorio malattie rare e dedicato al tema "Farmaci orfani, ricerca & sviluppo made in Italy: il punto su progressi e ostacoli". La ricerca, infatti, mostra di essere attiva ma ha tempi particolarmente lunghi e sconta difficoltà specifiche: su 1163 molecole che hanno ottenuto dall'Ema lo status "orfano", solo 93 hanno a oggi avuto l'Autorizzazione all'immissione in commercio (Aic). L'evento è stato l'occasione per un confronto costruttivo tra tutti gli attori interessati al problema: aziende farmaceutiche, associazioni dei pazienti, ma anche Agenas, ministero e Aifa e si è lavorato su alcune proposte che si spera di rendere presto applicative come riferisce Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell'Osservatorio «il tutto senza fondi, che in Italia non ci sono, mentre è possibile far funzionare meglio le procedure esistenti, a partire dal rafforzamento della collaborazione fattiva tra pubblico e privato che ha già visto esperienze importanti». Molto si è parlato dello sviluppo dei comitati etici: «Tutti ne riconoscono l'utilità, ma attualmente il passaggio attraverso i comitati è lungo e oneroso per le aziende e i tempi si potrebbero abbreviare se la valutazione amministrativa fosse contestuale all'approvazione del comitato etico stesso».
Altre proposte comportano una migliore ridefinizione di ruoli per snellire il processo di autorizzazione: «Non tutte le Regioni hanno procedure standardizzate; ne consegue - dice Ciancaleoni Bartali - che le aziende sono costrette a fare le sperimentazioni in pochi centri, fornendo finanziamenti, strumenti e formazione sempre agli stessi ospedali e alle stesse Regioni e accrescendo, così il divario già esistente. Una procedura standardizzata univoca faciliterebbe molto le cose». Infine c'è il tema più tecnico dell'Hospital Exemption: «Le ricerche fatte dalle aziende e dagli ospedali non sono coordinate e generano sovrapposizioni e risultati contraddittori: anche in questo caso si tratta di stabilire chiaramente competenze e confini».
Renato Torlaschi
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