Politica e Sanità

01 Ottobre 2015

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Convenzioni nazionali da rinnovare; accordi locali talora cancellati per motivi economici dalle Asl; sperimentazioni regionali che come front-man nell'emergenza come nella casa della salute propongono l'infermiere; infine la farmacia dei servizi: tanto basta perché i medici di famiglia siano in fermento. La categoria appare la più "tartassata", nell'attuale momento di ripensamento del servizio sanitario, includendo i nuovi vincoli prescrittivi fissati dal decreto Lorenzin sugli esami diagnostici. Ma Claudio Cricelli appena rieletto presidente della Società Italiana di Medicina Generale non la pensa così. E sul ruolo delle farmacie dei servizi sgombra il campo dai dubbi. «Non penso alle farmacie come nostri competitor. I servizi proposti nell'ambito della normativa sulla farmacia dei servizi sono prevalentemente privati o semmai integrativi di quelli offerti dal Servizio sanitario nazionale. L'offerta dei medici di famiglia invece riguarda il Ssn, il nostro compito prevalente è integrare servizi nell'ambito della medicina territoriale. Sono felice se la farmacia mi dà strumenti aggiuntivi ma io penso che tendenzialmente posso perseguire risposte altrettanto efficaci nell'ambito del Servizio sanitario pubblico. Sono concetti che vado ripetendo da anni: sì a una rete parallela del privato, ma per pensare che i servizi del privato si sostituiscano ad altri del pubblico occorre riscrivere le regole». Cricelli ammette peraltro che «in Italia c'è un'offerta privata di prestazioni strutturata e uno dei difetti principali del decreto appropriatezza del ministro Lorenzin è di aver immaginato l'impianto del provvedimento (che limita l'erogazione di 208 esami diagnostici ndr) in analogia con il servizio sanitario britannico, dove però un privato forte non c'è. Lo sviluppo del Servizio sanitario nazionale non può prescindere da una corretta valutazione delle sue potenzialità».

Mauro Miserendino