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Politica e Sanità

10 Aprile 2017

Accordi Dpc, variabilità genera disequilibri. Assofarm: ripensare distribuzione e ruolo farmacie


I 21 accordi sulla Dpc in vigore sul territorio nazionale presentano una variabilità che investe contenuti, servizi proposti, remunerazione. In questa situazione, che crea disuguaglianze nella popolazione e tra le farmacie e soprattutto sprechi, c'è la necessità di «ridurre gradualmente la distribuzione diretta a favore della Dpc e della convenzionata e concentrare gli sforzi sulla medication review, perché rappresenta il futuro della farmacia, ma anche una forma sostenibile del servizio sanitario di domani». È questo l'appello che parte dal convegno organizzato sabato a Bologna da Assofarm Emilia Romagna, dedicato a un'analisi delle modalità distributive dei farmaci Ssn e a una riflessione sul futuro del sistema assistenziale e della farmacia. Tra i risultati raggiunti, spiega il coordinatore regionale Assofarm Emilia Romagna, Ernesto Toschi, «è emerso l'impegno a realizzare un Tavolo regionale per affrontare i temi della distribuzione dei farmaci e della presa in carico dei pazienti cronici da parte delle farmacie territoriali».

Nel corso del convengo è stata presentata ricerca "La spesa farmaceutica a carico del Ssn. Comparazione tra accordi regionali e modalità di distribuzione" elaborata dalla Studio Antares e illustrata da Annalisa Campana, ricercatrice, che ha fatto una panoramica dello stato di fatto sui sistemi distributivi. «L'indagine» ha spiegato Campana «ha messo a confronto tutti gli accordi regionali, aggiornati a ottobre 2016, facendo emergere 21 realtà sanitarie molto differenziate. In particolare, il compenso per la remunerazione della DPC è solo uno degli elementi di diversità degli accordi che sono un equilibrio complesso tra servizi, compensi» e mix della spesa farmaceutica regionale. «Purtroppo in alcuni casi questo equilibrio è a detrimento della sostenibilità delle farmacie. La distribuzione della spesa convenzionata netta pro capite dal 2012 al 2015 è diminuita dell'8% mentre la spesa pubblica, di cui la convenzionata fa parte, è aumentata del 14%. La mancanza di un modello comune di riferimento per la distribuzione diretta accentua le diversità di trattamento tra i cittadini che dovrebbero avere uguale diritto alla salute. L'Emilia Romagna, una tra le regioni italiane più virtuose, in termini di spesa convenzionata pro capite, vede una maggiore difficoltà per la sostenibilità delle farmacie che registrano una quota di mortalità al di sopra della media nazionale».

La ricerca si è anche soffermata a capire cosa condiziona la remunerazione per la Dpc: «È stato verificato» si legge nella sintesi «che le Regioni con una incidenza maggiore di spesa farmaceutica imputabile alla Dpc rispetto al totale della diretta di classe A - in ragione di farmaci a più alto costo - stabiliscono compensi per le farmacie più elevati». In particolare dipende da questo fattore «il 28% della remunerazione per la Dpc». Così, «se aumenta di un 1% l'incidenza della Dpc sulla diretta di classe A la fee del farmacista aumenta di 4 centesimi». Ma quello che risulta evidente è che «la remunerazione», così come i contenuti degli accordi, «dipendono solo in piccola parte dai dati empirici mentre la condizionano soprattutto fattori politici locali».

Dal convengo è stata rilanciata poi la necessità di un nuovo modello di remunerazione del farmacista, «capace di dare una prospettiva e futuro economico alle farmacie territoriali» come ha spiegato Nello Martini, Dg Drugs & Health Srl e già direttore di Aifa. «È fondamentale per le farmacie mettere in campo un disegno coerente con la riorganizzazione dell'assistenza primaria in atto, sganciare la professione dal prezzo dei farmaci e produrre salute, non limitandosi a dare consigli, ma sperimentando forme di presa in carico di pazienti cronici complessi in una rete integrata con le Case della Salute. Se la farmacia non va in questa direzione rischia di diventare sempre più marginale anche perché, dopo Pasqua, sarà all'esame del Parlamento il Ddl concorrenza». Un percorso auspicato dal presidente di Assofarm e presidente Unione Europea delle Farmacie sociali Venanzio Gizzi, che spera che «la regione Emilia Romagna faccia da apripista per dare futuro e ridisegnare il ruolo del farmacista di famiglia con l'introduzione della presa in carico dei pazienti cronici».

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