Politica e Sanità
18 Ottobre 2017Tra concorrenza e depauperamento del Ssn, quella attuale è «una fase delicata» e in questo contesto «è di capitale importanza arrivare rapidamente al rinnovo del contratto dei collaboratori delle farmacie». Ma «Affrontare il tema dei livelli occupazionali significa anche evitare che si formi un esercito di potenziali disoccupati che ingrossa le sue fila anno dopo anno» e per questo «occorre che anche per i corsi di laurea in farmacia e CTF si adotti una programmazione certa degli accessi in funzione delle effettive necessità, o meglio della capacità di assorbimento, del sistema salute nel suo complesso: rete delle farmacie, strutture del SSN, industria del farmaco». Sono queste alcune riflessioni che emergono dalla relazione di Andrea Mandelli, presidente Fofi, durante il Consiglio Nazionale, «l'ultimo prima del completamento della tornata elettorale degli Ordini Provinciali», che diventa anche «occasione per un bilancio di questo triennio». «Molti sono i fronti sui quali ci siamo impegnati» si legge nella relazione «a cominciare da occupazione, formazione, evoluzione del ruolo del farmacista. È ormai evidente che la crisi economica generale e le criticità specifiche della Sanità si sono tradotte in una grave difficoltà per i colleghi che cercano di entrare nel mondo del lavoro, ma anche per coloro che già avevano trovato una collocazione. Una difficoltà cui si è affiancata anche la diffusione di forme di lavoro precario - ricorderete il caso del giovane collega pagato a voucher - ma anche la questione dell'uso distorto dei tirocini».
Tema su cui «la Federazione degli Ordini ha sempre espresso la propria contrarietà». Il nodo è che «dalle stime della Commissione europea che valutano il fabbisogno per il Servizio sanitario nazionale per il periodo 2015-2040 nelle professioni sanitarie, l'Italia ha un fabbisogno di circa 1.500 farmacisti l'anno», ma «ogni anno 4.000 si iscrivono all'albo con l'aspirazione di esercitare a pieno titolo la professione di farmacista. Secondo queste stime, in un ventennio si arriverebbe a 50.0000 nuovi farmacisti disoccupati che si aggiungono ai quasi 13.000 farmacisti che già oggi sono in cerca di occupazione. È solo dopo la nostra denuncia di questa situazione che quest'anno la Conferenza Stato-Regioni, d'intesa con il Ministero della Salute, ha fissato il fabbisogno in discesa: 448 farmacisti». Ma la «necessità» è di un «numero chiuso su base nazionale, perché non basta che ciascuna facoltà esibisca un numero programmato quando poi si assiste al proliferare degli stessi corsi». Anche se «diminuire la tensione sul lato dell'offerta è necessario ma non sufficiente. Occorre promuovere un modello complessivo dell'assistenza in cui il farmacista abbia un ruolo sempre più attivo nel processo di cura, sul territorio, nell'ospedale, nel servizio sanitario. Un intervento che va dalla presa in carico del paziente agli aspetti farmacoeconomici e alla farmacovigilanza».
C'è poi «la questione della specializzazione in farmacia ospedaliera, che ancora vede un'intollerabile discriminazione per quanto riguarda il trattamento economico e previdenziale degli specializzandi. Non abbiamo mai smesso di impegnarci su questo fronte e continueremo a farlo finché non ci saranno risultati concreti». Resta poi aperta «la questione delle parafarmacie e su questo punto occorre ancora una volta fare chiarezza. Questo esercizio commerciale» «costituisce un unicum in tutto l'Occidente industrializzato innanzitutto per la presenza del farmacista fuori della farmacia. Abbiamo sin dall'inizio fatto presente che la parafarmacia così concepita, come punto di distribuzione del farmaco senza obbligo di ricetta, aveva di fronte a sé un futuro precario, non fosse altro che per la sostanziale staticità del mercato di sop e otc italiano. Aggiungo che con l'arrivo di catene proprietà di grandi multinazionali capaci di enormi economie di scala saranno proprio gli esercizi di vicinato a soffrire per primi della concorrenza. E non a caso anche lo stesso partito dell'allora Ministro dello Sviluppo economico ha mutato il suo avviso su questa prima incauta liberalizzazione». È chiaro, continua, che «l'Ordine è la casa di tutti i farmacisti, e che ascolteremo sempre le difficoltà dei colleghi, indipendentemente dalle loro scelte lavorative, ma non siamo noi a dover trovare una soluzione, tantomeno soluzioni che vadano a danno di una parte fondamentale del servizio sanitario per tutelare un modello di attività commerciale mal concepito già in partenza. Spetta alla politica trovare la soluzione a una situazione incresciosa che lei stessa ha creato».
Francesca Giani
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