Politica e Sanità
10 Aprile 2018La quadratura del cerchio dell'aderenza alle terapie è realizzabile solo con un reale coinvolgimento dei pazienti e, nell'era dei Big Data, a fare la differenza potrebbe essere un algoritmo messo a punto dall'università Cattolica del Sacro Cuore, con il contributo non condizionante di Merck. Il primo test è stato fatto sui dati di letteratura con riferimento alla sclerosi multipla ed è pronto per una sperimentazione in una più ampia varietà di aree terapeutiche in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Puglia, nell'ambito del progetto di ricerca pluriennale "Abbiamo i numeri giusti". è quanto è stato illustrato in occasione della presentazione del progetto a Roma presso l'Istituto Superiore di Sanità.
L'algoritmo, ha spiegato Americo Cicchetti, direttore dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (Altems) dell'Università Cattolica del Sacro Cuore in un'intervista rilasciata a Doctor33, permette di verificare in maniera anticipativa quale può essere l'impatto potenziale di una politica che incrementa il livello di aderenza, dove per politica si intende «investimento di risorse pubbliche in azioni operative, come per esempio la formazione degli operatori o l'informazione ai pazienti, ma anche l'investimento su un farmaco che sia di tipo orale piuttosto che infusionale. Ora possiamo sapere quanto questo investimento impatta sulla salute e sui costi attraverso un miglioramento del livello di aderenza. Finora avevamo parametri a livello internazionale e nazionale, adesso potremo stimarli a livello regionale e quindi l'informazione sarà molto più robusta». Il progetto di ricerca durerà 18 mesi e, assicurano i promotori, "dimostrerà che sarà possibile per le istituzioni scegliere, dati numerici alla mano, le politiche più efficaci per migliorare l'aderenza alle terapie" tenendo conto che ogni anno in Europa la mancata aderenza alla terapia causa 200 mila decessi e una spesa di 120 miliardi di euro. A evidenziare la relazione tra aderenza e coinvolgimento è anche la ricerca "Io e la mia malattia", commissionata da Merck e condotta su un campione rappresentativo di mille pazienti cronici italiani dal centro di ricerca EngageMinds Hub dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Oltre la metà degli intervistati (56%) ha pensato di abbandonare le cure e per uno su dieci (12%) di tratta di un pensiero ricorrente. Anche se quasi tutti (97%) si dichiarano consapevoli dell'importanza di avere un ruolo attivo nel percorso di cura, appena uno su dieci (9%) risulta realmente coinvolto e proietta la propria condizione di salute in una progettualità soddisfacente di vita.
Quasi la metà (45%) dichiara invece di sentirsi, di fronte alla diagnosi, in allerta, confuso e disorientato o, addirittura, "in blackout", cioè sconvolto e incapace di gestire la situazione. Meno della metà sono consapevoli e informati, formalmente aderenti alle cure, ma poco in grado di riconfigurare la propria traiettoria di vita in maniera positiva e soddisfacente. L'engagement, però, può fare la differenza, e non solo per l'aderenza. Tra le persone più coinvolte, diminuisce la percentuale di persone che hanno pensato di abbandonare le cure, così come quella di coloro che ritengono "scadente" la propria qualità di vita o di coloro che presentano sintomi depressivi. Un discorso che vale anche per i costi sanitari: se in media ogni trimestre i cronici spendono circa 55 euro per le visite specialistiche, 31 euro per le analisi del sangue e 68 per l'acquisto di farmaci, la ricerca svela che ai meno coinvolti le visite specialistiche costano il doppio, analisi e farmaci addirittura il triplo. Tra le zone d'ombra che chiamano direttamente in causa i medici c'è il fatto che due pazienti su tre lamentano difficoltà nel decodificare le informazioni ricevute e dicono di non sentirsi appoggiati dal curante nel gestire in maniera autonoma le cure. Percentuali che però scendono, anche in questo caso, proporzionalmente all'aumentare del livello di coinvolgimento.
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