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Politica e Sanità

09 Giugno 2018

Welfare aziendale, vantaggi in busta paga per dipendente e titolare


Se ne parla tanto e inizia a diffondersi soprattutto in realtà di più ampie dimensioni, mentre, nel settore, il welfare aziendale risulta ancora poco esplorato, nonostante la normativa abbia previsto agevolazioni per datore di lavoro e dipendente. Anche perché, fa il punto Stefano De Carli, commercialista dello Studio Luce di Modena, «ci sono limiti che possono essere visti come un freno e manca ancora una cultura in questa direzione». Lo strumento, spiega, «è interessante perché permette di incrementare il valore della cifra che si stanzia in termini di aumento di stipendio. In particolare, per il datore di lavoro il costo sostenuto dall'azienda per un servizio è totalmente deducibile e per il dipendente non è prevista alcuna forma di tassazione sul reddito. Se, per esempio, la cifra su cui ci si accorda è pari a 1000 euro, tale importo è totalmente deducibile lato azienda mentre il dipendente riceverà un servizio corrispondente esattamente a quella cifra, senza vedersi intaccata in alcun modo la busta paga.

Questa è un'agevolazione non da poco, soprattutto se confrontata con i fringe benefit, quale può essere la macchina aziendale o altro bene o servizio che l'impresa mette a disposizione del dipendente, che risulta comunque soggetto a tassazione. Tuttavia, anche da quella che può essere la nostra esperienza, il welfare aziendale è diffuso, per ora, in modo particolare, in realtà di più ampie dimensioni, mentre nel settore è poco esplorato». Un limite «è rappresentato dal fatto che è attivabile, attraverso la contrattazione collettiva o anche la contrattazione aziendale, non per il singolo dipendente ma per "la generalità dei dipendenti o per categorie di dipendenti e ai familiari"». Inoltre, «le possibilità di servizi erogabili, secondo quanto prevede l'art. 51 del Testo unico delle imposte sui redditi, è ampia e di grande utilità socio-sanitaria, ma va detto che non tutti i dipendenti possono essere interessati. Pensiamo per esempio ai servizi di educazione e istruzione in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa, ai centri estivi e invernali, all'assistenza a familiari anziani o non autosufficienti». Un altro elemento «che può essere visto come un freno è che il welfare è oggetto di un contratto e non può essere di carattere volontario, ma deve essere permanente. In questo senso, può essere visto come più impegnativo rispetto ad altre possibilità, quali le spese ricreative - normate dall'articolo 100 del Tuir - che tuttavia hanno una deducibilità fiscale assai limitata».


Francesca Giani

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