Politica e Sanità
02 Ottobre 2018«È nella natura del farmacista dare risposte e non poter dispensare una fetta di farmaci è veramente contro natura e anche anticostituzionale». Sono le parole della presidente del Sunifar Silvia Pagliacci nel corso di un'intervista diffusa da Federfarma Channel con cui veniva sottolineato come, nell'ambito del dibattito del ricorso eccessivo alla Distribuzione Diretta a discapito della Dpc, i cittadini non trovando un determinato farmaco in farmacia, siano costretti a ritirarlo presso una struttura pubblica. A fare proprie e a prendere atto delle parole dette dalla presidente delle rurali è l'associazione FederFarDis (Federazione Farmacisti e Disabilità Onlus), che "alza il tiro dicendo che lo stesso disappunto è oggi espresso da ogni farmacista che opera in parafarmacia".
In una nota stampa Moltoni Paolo, presidente FederFarDis fa notare che quando Silvia Pagliacci afferma che «i farmacisti, attenzione non le farmacie, "vogliono rilanciare il loro ruolo perché le farmacie, specie le rurali, vedono entrare il cittadino in farmacia per raccontare i loro bisogni e devono dare loro risposte", anche se il contesto e quello della Dd/Dpc, il medesimo disappunto della Pagliacci, contestualizzato ai farmaci dispensati dal farmacista nel rispetto delle norme vigenti, lo manifesta ogni farmacista che opera in parafarmacia, il quale pur condividendo con il farmacista che opera in farmacia sia il percorso formativo che l'abilitazione professionale, la cui essenza è allestimento e dispensazione del farmaco, ogni qualvolta deve rispondere che quel tal farmaco poiché con obbligo di ricetta medica non lo può dispensare, essendo defraudato della propria professionalità in virtù dell'insegna sotto la quale opera. Dal 2006 ad oggi la politica è stata sorda ad ogni richiesta di intervento a correzione di tanta iniquità piegandosi al volere della lobby della farmacia che pur di mantenere la rendita di posizione nei confronti dei farmacisti operanti nella parafarmacia, ha caldeggiato l'ingresso del capitale nella proprietà delle farmacie, spacciando la disponibilità al mondo della finanza come segno tangibile di disponibilità all'apertura a nuovi attori nel mercato del farmaco. Oggi la stessa lobby alza grida di minaccia al suo futuro, proprio in virtù di tale apertura alla finanza nella speranza di vederne ridimensionare il ruolo da parte di una politica finora ad essa compiacente. E tale paventata minaccia viene sbandierata come argomento per opporsi al legittimo riconoscimento della completa professionalità al farmacista che opera al di fuori delle mura della farmacia».
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