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Farmaci e dintorni

17 Novembre 2011

Oppiacei, risposta nascosta nel Dna


I farmaci oppiacei utilizzati per la terapia del dolore sono meno efficaci nei malati di tumore che hanno particolari varianti del Dna. Lo hanno dimostrato i ricercatori dell''Istituto dei Tumori (Int) di Milano, con uno studio condotto in collaborazione con l''Università norvegese di Scienze e Tecnologia di Trondheim, che ha coinvolto 17 centri ospedalieri di 11 paesi europei e che è stato pubblicato sulla rivista internazionale Cancer Research. I ricercatori milanesi e norvegesi, analizzando il patrimonio genetico di oltre 1.000 pazienti trattati con oppioidi, hanno identificato otto varianti del Dna in grado di spiegare, almeno in parte, come i pazienti beneficino in maniera diversa della terapia con oppioidi. Si tratta della prima ricerca di questo tipo ad aver analizzato l''intero genoma dell''uomo. I farmaci per la terapia del dolore nei pazienti con cancro - spiega un comunicato dell''Int - sono rappresentati da morfina e farmaci affini. Tuttavia una percentuale di pazienti, variabile dal 20% al 30%, non risponde a tale terapia o risponde solo a dosaggi molto alti che spesso causano effetti collaterali, rappresentati principalmente da sedazione, nausea e vomito, e compromettono la qualità di vita. Nello studio (reso possibile da finanziamenti di Airc, Firc, Fondazione Floriani, Norwegian research council e 6/o Programma quadro Ue) i ricercatori hanno confrontato il Dna dei pazienti che traggono benefici dalla terapia del dolore con quello di coloro che mostrano scarsa risposta. Questa analisi ha permesso di identificare le 8 varianti genetiche, presenti solo nei pazienti che rispondo poco o per nulla alla terapia contro il dolore. «La ricerca - sottolinea Tommaso Dragani, a capo della struttura Basi molecolari del rischio genetico dell''Int, che ha diretto lo studio genetico - apre la strada a ulteriori studi che ci aiuteranno a tagliare su misura la terapia del dolore per ogni paziente con neoplasia. È un risultato innovativo e un segno di speranza che viene dall''alleanza di competenze diverse, che uniscono mondi apparentemente lontani come il vissuto soggettivo del dolore e la biologia molecolare del Dna».

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