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Farmaci e dintorni

28 Maggio 2012

Eu approva Health claims su integratori, dubbi dall''industria


È stato pubblicato il Registro europeo delle indicazioni salutiste (health claims, come tecnicamente li definisce il Regolamento UE 1924/06) che potranno essere riportate su integratori e alimenti. Un procedimento complesso e impegnativo: al vaglio iniziale dell’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare, erano state sottoposte quasi 5.000 indicazioni salutari, 6 anni dopo ne sono state autorizzate 222. Due esempi: “Lo zinco contribuisce al metabolismo acido base” oppure “la betaina contribuisce al metabolismo dell’omocisteina”. Primi commenti dubbiosi da parte dell’industria «Ci chiediamo anzitutto se sia stato fatto un buon lavoro per il consumatore» ha detto Germano Scarpa presidente di FederSalus, Associazione che rappresenta le aziende italiane operanti nel settore degli integratori e dei prodotti salutistici «temiamo che l’acquirente, a fronte di simili indicazioni, resti perplesso e confuso e finisca per abbandonare i nostri prodotti». E perplessità arrivano anche da Bruxelles «Il metodo di valutazione delle prove scientifiche su alcuni health claims sembra essere sproporzionato» ha pubblicamente dichiarato Renate Sommer, eurodeputata del Gruppo PPE «alcuni criteri risultano in contraddizione con quelli rispettati a livello internazionale. La procedura impone dei criteri che difficilmente possono essere soddisfatti da parte delle piccole e medie imprese». Ad alimentare dubbi sugli esiti del processo di autorizzazione contribuiscono anche esponenti della ricerca scientifica. Diversi ricercatori europei hanno dichiarato in un documento di consenso scientifico (Scientific substantiation of health claims: Evidence-based nutrition. Elsevier Nutrition Journal – 2011) che il lavoro svolto da Efsa «non è appropriato per la valutazione di claims per gli alimenti» in quanto sarebbero stati assunti parametri idonei a misurare l’efficacia dei farmaci ma totalmente inadeguati ad appurare l’attività benefiche di sostanze alimentari. Tanto lavoro, insomma, potrebbe finire per scontentare tutti, consumatori e aziende.

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