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Farmaci e dintorni

26 Febbraio 2013

Nuovi antibiotici da organismi del fondale oceanico


Nuovi antibiotici da organismi marini che abitano nei fondali degli oceani, come spugne e batteri. È questo l’obiettivo del progetto PharmaSea, che vedrà coinvolti per quattro anni ricercatori in Italia, Gran Bretagna, Belgio, Norvegia, Spagna, Irlanda, Germania, Svizzera e Danimarca, con un finanziamento europeo di 9,5 milioni. Le motivazioni vanno cercate nel vuoto lasciato dall’assenza di nuove molecole da diversi anni: «Al momento c''è una reale assenza di sviluppo di buoni antibiotici, non ne è stato registrato uno nuovo dal 2003» spiega Marcel Jaspars, dell''università di Aberdeen in Gran Bretagna, che guida il team di scienziati, «se non viene fatto nulla in 10-20 anni torneremo indietro all''era pre-antibiotici, in cui quelle che oggi sono semplici infezioni potrebbero diventare malattie fatali». PharmaSea si occuperà anche della ricerca e sviluppo di potenziali antibatterici, antivirali e in generale di farmaci per malattie non ancora sconfitte, come quelle neurodegenerative. Il razionale del progetto lo spiega Camila Esguerra, ricercatrice dell''Università di Lovanio in Belgio e coordinatrice di PharmaSea: «L''80% delle sostanze attive utilizzate in medicina proviene da prodotti naturali e sappiamo che possono arrivare anche da organismi marini, che si sono evoluti per combattere tossine o predatori. Da loro derivano già un farmaco per la terapia antitumorale e uno contro il cancro al seno». La raccolta dei campioni di fango e sedimenti partirà dalla fossa oceanica di Atacama, nel Pacifico orientale. Per l’Italia partecipa al progetto un gruppo di ricerca dell''Istituto di biochimica delle proteine di Napoli, che è coinvolto nell''isolamento e caratterizzazione di composti antimicrobici da batteri antartici attivi contro alcuni microorganismi che infettano, spesso mortalmente, i pazienti affetti da fibrosi cistica. «Noi cerchiamo principi attivi, nel fitoplancton o nelle microalghe, di cui esistono migliaia di specie che sono state poco esplorate per il loro potenziale come farmaci» spiega Adrianna Ianora, ricercatrice della stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, partner di PharmaSea. Per lo sviluppo di nuove medicine tuttavia servirà tempo: «Va calcolato almeno un periodo di dieci, quindici anni, fra il test positivo sul composto e la produzione del nuovo farmaco» afferma Esguerra.

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