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Farmaci e dintorni

05 Marzo 2013

Farmaci e immigrati: resta bassa la spesa a carico del Ssn


Non ci sono differenze significative nell’uso di farmaci tra la popolazione italiana e quella immigrata, ciononostante, l’incidenza degli immigrati sulla spesa farmaceutica Ssn complessiva è piuttosto bassa, pari al 2,6%, stimata in 330 milioni di euro. Sono questi i dati contenuti nel volume “Farmaci e immigrati: Rapporto sulla prescrizione farmaceutica in un paese multietnico”, redatto in collaborazione fra l’Istituto superiore di sanità, la Società italiana di farmacia ospedaliera, la Società italiana di medicina delle migrazioni, la Cineca, il Consorzio Mario Negri Sud, e illustrato nel corso del convegno dell’’Iss tenutosi ieri a Roma. Secondo i dati raccolti, dunque, sono poche le differenze: il 52% degli immigrati e il 59% degli italiani hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaci nel corso del 2011, ma se in media, la spesa farmaceutica a carico del Ssn è stata di 72 euro per un cittadino immigrato lo è stata di 97 euro per un cittadino italiano. Tra i farmaci prescritti alcuni lo sono di più tra gli immigrati, rispetto agli italiani, per esempio gli antidiabetici (1,6% rispetto a 1,1%), i gastroprotettivi (10,3% vs 8,7%) e gli antiinfiammatori (11,3% vs 8,3%). Mentre gli italiani utilizzano più farmaci contro l’ipertensione (7,6% vs 6,5%) e l’ipercolesterolemia (2,4% vs 1,9%), antibiotici (36,6% vs 31,9%), farmaci contro i sintomi dell’asma e della Bpco (12,2% vs 8,1%). La prevalenza d’uso di antidepressivi è circa doppia nella popolazione italiana (3,9% vs 2%). Anche tra gli immigrati è più elevato il consumo da parte delle donne, mentre è molto simile il consumo pediatrico: in media ciascun bambino immigrato ha ricevuto 2,4 confezioni rispetto a 2,6 degli italiani. Nel confronto tra etnie, i minori utilizzatori risultano i cinesi e i kosovari: solo il 36% dei cittadini ha ricevuto almeno una prescrizione da parte del Ssn nel corso del 2011, dato su cui Giuseppe Traversa, ricercatore dell’Iss ha posto l’accento: «Questa prima e positiva valutazione non ci deve, tuttavia, far abbassare la guardia soprattutto nei riguardi di quella parte di popolazione immigrata che accede poco o per nulla alle cure, in particolare cinesi e kosovari, per i quali occorre lavorare di più all’integrazione e alla mediazione linguistico-culturale».

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