Studio Jama, da farmaci di uso comune rischi di sviluppare demenza
Diversi farmaci di uso comune, tra cui alcuni distribuiti senza obbligo di prescrizione medica, potrebbero comportare un aumento del rischio di sviluppare demenza e malattia di Alzheimer. Lo rivela un ampio studio condotto da Shelly Gray della University of Washington e pubblicato su Jama Internal Medicine, che ha preso in esame alcuni farmaci ad azione anticolinergica. Gli autori non nominano specifici brand, ma specificano i tipi di trattamento a cui sono destinati: antidepressivi triciclici, antistaminici e per l'incontinenza urinaria. Si tratta per la maggior parte di farmaci distribuiti su prescrizione, ma ci sono anche degli Otc. Già ricerche precedenti avevano evidenziato che principi anticolinergici possono causare compromissione a breve termine in alcuni aspetti della cognizione, come la memoria e l'attenzione, anche dopo la somministrazione di una singola dose. Si riteneva tuttavia che si trattasse di effetti reversibili dopo l'interruzione della terapia. Gli autori dello studio americano hanno reclutato 3.434 persone di età superiore ai 65 anni, nessuna delle quali affette da demenza all'inizio della sperimentazione. Dopo un follow up variabile tra due e dieci anni, 797 partecipanti hanno sviluppato demenza, nell'89% dei casi morbo di Alzheimer. Si è così appurato che esiste un maggior rischio associato a un utilizzo prolungato oppure a dosaggi elevati. In particolare, 10 mg al giorno di doxepina (antidepressivo triciclico), 4 mg al giorno di clorfenamina (antistaminico) oppure 5 mg di ossibutinina (disturbi vescicali o delle vie urinarie) per tre anni hanno comportato percentuali maggiori di demenza. Si tratta di principi attivi presenti in medicinali assunti da altre un terzo delle persone anziane e i ricercatori sottolineano dunque la necessità di comprendere meglio i rischi potenziali associati al loro utilizzo; suggeriscono dunque a medici e farmacisti di adottare un approccio improntato a cautela e di offrire trattamenti alternativi oppure dare la dose più bassa per il più breve tempo possibile.
Renato Torlaschi
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