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Farmaci e dintorni

30 Luglio 2015

Prezzi troppo alti dei farmaci anticancro: protesta firmata da 118 oncologi Usa


Sono ben 118 gli oncologi statunitensi firmatari di un editoriale contro i prezzi troppo elevati dei farmaci antitumorali. Primo autore è Ayalew Tefferi, della Mayo Clinic di Rochester, il secondo è Hagop Kantarjian dell'University of Texas Md Anderson Cancer Center di Houston, che già nel 2013 aveva sottolineato su "Blood" - con molti esperti cofirmatari - come questo problema stesse danneggiando i malati di cancro: l'articolo era focalizzato sulla leucemia, ora la preoccupazione è diffusa in tutte le aree oncologiche. Per tutti i nuovi antitumorali approvati dall'Fda nel 2014, si fa notare, è stato fissato un prezzo di oltre 120mila dollari per anno di utilizzo, e dopo i recenti cambiamenti nella copertura assicurativa medica in Usa i pazienti devono pagare di tasca propria dal 20 al 30% del costo totale di questi farmaci.  Può succedere che i pazienti sostengano in prima persona circa 25-30mila dollari, pari a circa la metà del reddito lordo annuo medio familiare negli Stati Uniti (sui 52mila dollari). Per cui molti pazienti con cancro sono lasciati alla «difficile scelta di spendere il loro reddito (e liquidare patrimoni) per terapie potenzialmente salvavita o rinunciare al trattamento per provvedere alle necessità della famiglia» denunciano gli oncologi. «Questa decisione è ancora più critica per gli anziani, più frequentemente colpiti da tumori, con redditi più bassi e beni limitati». A causa del costo della terapia, dal 10 al 20% dei malati di cancro non assume il trattamento prescritto o lo assume meno spesso. «Quanto maggiore è l'esborso a carico del malato per terapie anticancro orali, tanto minore sarà la compliance» sottolineano Tefferi e colleghi, e una ridotta aderenza alla terapia porta a esiti clinici peggiori, tali da mettere a rischio le possibilità di cura e ridurre la sopravvivenza. Il gruppo di esperti propone una serie di interventi che potrebbero «migliorare la situazione e consentire alle forze del mercato di lavorare meglio». Le modifiche comprendono la possibilità di negoziare i prezzi dei farmaci per Medicare, consentire ai pazienti di importare farmaci anticancro da altri Paesi dove i prezzi sono più bassi, impedire gli accordi "pay-per-delay" (per cui un'azienda con farmaco a brevetto scaduto paga un'azienda produttrice di generici perché ritardi l'immissione nel mercato di un prodotto concorrente) e incoraggiare le organizzazioni specialistiche a considerare il valore dei trattamenti al momento di elaborare raccomandazioni. Da non sottovalutare il movimento dei pazienti contro "il prezzo elevato del cancro" che sta affrontando il problema attraverso una petizione online denominata "Change.org". In sua difesa, l'industria evidenzia l'enorme costo di sviluppo dei farmaci e sottolinea come quelli che arrivano sul mercato sono solo una piccola frazione degli investimenti di ricerca e sviluppo (R&S) necessari per esplorare nuovi approcci terapeutici. Chiaramente molte terapie sono complesse da sviluppare e produrre, e ci sono molti fallimenti, conviene Richard L. Schilsky, ex direttore medico dell'Asco (American society of clinical oncology). Inoltre, prosegue, abbiamo bisogno di innovazione e di aziende farmaceutiche in grado di fare profitto per continuare la R&S: riconosciamo e accettiamo tutto questo. «Nessuna di queste ragioni però» sostiene «fornisce una chiara motivazione per gli schemi dei prezzi attuali, in quanto anche farmaci che sono facili da sviluppare, veloci da produrre e ricevono il sostegno da fondazioni, dal Governo e altre fonti ancora escono sul mercato con un prezzo molto alto».

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