Fitoterapia
04 Dicembre 2015In inglese viene chiamata semplicemente licorice, per i francesi invece è la reglisse e per i cinesi gan cao. La liquirizia, ovvero la radice della specie Glycyrrhiza [dal greco glucos (dolce) e riza (radice)], è una pianta tanto cara a noi italiani quanto al mondo intero. Essa ci racconta una favola lunga e affascinante che abbraccia diverse culture e civiltà nel tempo. In Cina ad esempio la liquirizia era presente già nei primi erbari di medicina ma anche nell'Egitto faraonico e in Babilonia era molto usata sia come medicinale sia come alimento. Sorprendente è il suo il potere dolcificante, più dolce dello zucchero di ben 50 volte. Della liquirizia viene apprezzata anche la sua azione dissetante che si esplica masticando la radice decorticata per alcuni minuti. La nostra tradizione ci regala un famoso rimedio utile per placare la sete durante le estati torride ovvero masticare un bastoncino di liquirizia immerso nella polpa di mezzo limone. Dice Palestro de Crescenzi a tal proposito nel XIV sec.: "la regolitia masticata e tenuta sotto la lingua mitiga la sete e l'asprezza de la lingua e de la gola". Da grandi maestri quali Dioscoride e Plinio ci sono state tramandate alcune preparazioni medicamentose a base di liquirizia utili per combattere mal di fegato, gastriti, coliche e tossi convulse. Lavorata in pomata, veniva inoltre applicata sulle ferite e sugli eczemi.
I maggiori principi attivi della liquirizia sono i flavonoidi e le saponine triterpeniche, di cui il principale esponente è la glicirrizina. La tipica conformazione chimica delle saponine triterpeniche le rendono particolarmente affini ai recettori steroidei, soprattutto a quelli estrogenici, consentendo loro di svolgere anche un attività simil-corticoide. Questo può portare anche alla comparsa di effetti collaterali ipermineralcorticoidi/iperaldosteronici con rischio di ipopotassemia e ipertensione. Tuttavia molto dipende dal quantitativo totale di glicirrizina realmente contenuto nel prodotto, dal tempo di assunzione, e da eventuali interazioni con altri farmaci (alcuni diuretici, cortisonici, digitalici, ecc.). Nonostante la sua dolcezza spiccata la liquirizia è in grado di esibire un interessante attività anticariogena. Le molecole responsabili di questo effetto sono il glicirizzolo A e il 6,8-diisoprenil- 5,7,4' - tridrossisoflavone.
Entrambi esibiscono in vitro una potente attività antibatterica contro lo Streptococcus mutans, uno dei principali responsabili delle carie. Secondo un gruppo di ricercatori americani, l'estratto che concentrerebbe questi due composti si ottiene macerando in alcool puro per 72 ore e a 37°C le radici essiccate di liquirizia. Due studi pilota su umano hanno evidenziato che una breve assunzione di un simile estratto (due volte al giorno per 10 giorni) porta a una notevole riduzione dei batteri nella cavità orale nella maggior parte dei soggetti umani testati.
Angelo Siviero
Farmacista esperto in fitoterapia e galenica
sivieroangelo1@gmail.com
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