Politica e Sanità
16 Novembre 2011La battaglia delle parafarmacie per la liberalizzazione della fascia C approda al Tar della Calabria. Protagonista dell’iniziativa una farmacista titolare di esercizio di vicinato, che nei giorni scorsi si è rivolta ai giudici amministrativi per impugnare la lettera con cui l’Asl aveva respinto la sua richiesta di autorizzazione alla vendita di farmaci non rimborsati e con obbligo di ricetta. Tutto studiato a tavolino fin dall’inizio, ovviamente, ma sarebbe sbrigativo accantonare la vicenda come una semplice provocazione. Dietro alla farmacista calabrese, infatti, c’è una sigla spuntata da poco nell’affollata galassia delle parafarmacie: la Lifi (Liberi farmacisti italiani), che dalle altre si distingue per un radicale disincanto verso le cosiddette “soluzioni” politiche. «Altre associazioni di categoria» spiega Davide Gullotta, il fondatore «hanno cercato a lungo appoggi tra i partiti ma inutilmente, perché nel gioco delle lobby siamo svantaggiati. Noi invece riteniamo che l’unica strada percorribile sia quella legale. E speriamo di ripetere il ricorso presentato al Tar calabrese anche in altre regioni». La cosa sorprendente è che c’è anche la convinzione di potercela fare: «Unione europea e Antritrust si sono espresse più volte per la liberalizzazione dei farmaci di fascia C» prosegue Gullotta «vogliamo sollevare la questione davanti ai giudici amministrativi nella speranza che la questione dell’esclusiva sia rimandata al Tar del Lazio e, quindi, lì vincere». Obiettivo ultimo la farmacia non convenzionata: «Vogliamo la libera professione. Ma senza mettere in discussione la pianta organica delle farmacie Ssn: chi finora l’ha fatto ha perso, anche davanti alla Corte di giustizia europea, e noi non vogliamo ripetere lo stesso errore».
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