Politica e Sanità
16 Novembre 2011Il meccanismo con cui l’Aifa da più di un lustro incentiva il consumo di equivalenti non sembra aver centrato tutti gli obiettivi ed è arrivato il momento di chiedersi seriamente se sia necessario qualche cambiamento. Questa almeno è la riflessione che arriva da Maria Font, vicedirettore della rivista Dialogo sui farmaci ed autrice, assieme a Federica Schievenin, dell’articolo che una decina di giorni fa ha messo in luce ombre e ambiguità delle liste di trasparenza. Farmacista33 l’ha intervistata per chiederle una riflessione sulle evidenze di quello studio.
Dottoressa Font, nel vostro articolo scrivete che il 71% della spesa Ssn per farmaci equivalenti è determinata da un quarto circa di confezioni, quelle che hanno prezzo superiore a prezzo di rimborso e quindi costringono il paziente a pagare la differenza. Chi è più colpevole, i medici che tendono a prescrivere i farmaci più cari o i farmacisti che non informano i pazienti dell’alternativa più economica, come invece dovrebbero fare?
Purtroppo i dati non consentono analisi così approfondite. Abbiamo misurato il fenomeno, ma sulle cause si possono solo fare ipotesi tutte da verificare. Come abbiamo anche scritto, non è sbagliato ipotizzare che nei medici ci sia la tendenza a restare sulle specialità di cui hanno maggiore fiducia, da cui una preferenza emotiva per il prodotto di marca piuttosto che per il generico. E’ anche possibile che sia mancata un’adeguata informazione nei confronti del paziente, che non sempre si informa dell’esistenza di alternative equivalenti ma meno care.
E i farmacisti?
Anche in questo caso si possono fare solo ipotesi. E’ vero, la legge obbliga i farmacisti a informare il cliente dell’eventuale disponibilità di farmaci più economici, ma i dati non bastano da soli a dimostrare negligenze o resistenze. E poi, non dimentichiamo che i medici da tempo protestano per la sostituzione in farmacia, il che fa supporre invece un convinto impegno dei farmacisti a favore dei generici.
In ogni caso, resta il fatto che attualmente il sistema comporta per chi è malato una spesa che per alcuni farmaci è consistente…
Questo è il vero problema. In base ai dati, l’unica conclusione ineccepibile è che il meccanismo del prezzo di riferimento non ha raggiunto tutti i risultati attesi. Il Ssn risparmia ma lo stesso non si può dire per i cittadini; i consumi dei generici rimangono lontani dalle medie di altri paesi e in più non c’è stato l’abbassamento dei prezzi che ci si attendeva, né per gli originator né per gli stessi “off patent”. In media, infatti, i prezzi dei generici puri rimangono più alti che in Europa.
Quindi?
Quindi è forse venuto il momento di chiedersi se non siano opportuni alcuni cambiamenti al meccanismo, che non sembra aver centrato tutti gli obiettivi. Per esempio, si potrebbe pensare di escludere dalla rimborsabilità tutti gli equivalenti che hanno prezzo superiore a quello di rimborso. Così non ci sarebbe più differenza a carico degli assistiti.
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