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Politica e Sanità

16 Novembre 2011

Farmaci a domicilio, per Sifo Toscana vanno rispettate le regole


«Non siamo contrari a servizi di recapito del farmaco a domicilio, a patto che tali soluzioni non divengano una scorciatoia per aggirare le farmacie ospedaliere e territoriali». Così Alessandro D’Arpino, segretario regionale di Sifo Toscana, sul progetto varato dall’Asl di Firenze per portare i medicinali a casa dei cronici in multiterapia che vivono in condizioni disagiate. L’operazione aveva suscitato nelle settimane scorse perplessità e preoccupazioni in Federfarma e negli Ordini toscani; Farmacista33 è andato a bussare alla porta della Sifo per conoscere la sua posizione.

 

Dottor D’Arpino, la sua società ha partecipato alla stesura del progetto?
No, non siamo stati coinvolti e quindi non ne conosco tutti i dettagli.

 

Secondo lei l’obiettivo dell’Asl è innanzitutto quello di risparmiare?
Modalità distributive diverse da quelle tradizionali sono previste dall’articolo 8 della legge 405/2001 e, in un momento difficile come questo, ben vengano provvedimenti diretti a recuperare risorse, purché siano rispettate alcune regole.

 

Quali?
Un servizio di consegna domiciliare, innanzitutto, dovrebbe essere programmato dall’Azienda sanitaria competente attraverso la propria rete di farmacie ospedaliere, nell’ambito della sua attività di distribuzione diretta e andrebbe attivato caso per caso, dopo una valutazione delle necessità del singolo paziente. Inoltre dovrebbe essere rivolto ai pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, come previsto del resto sempre dalla stessa 405/2001. Se si opera all’interno di regole ben definite ci sono vantaggi sia per il paziente sia per l’Azienda sanitaria.

A Firenze così non è: l’Asl propone il servizio a tutti i cronici disagiati che fanno registrare una spesa procapite per farmaci di oltre 10mila euro all’anno. Le farmacie private temono che l’intenzione sia quella di scalzarle progressivamente dal territorio…
Come ho detto non conosco il progetto, ma se l’accordo è in linea con la legge, secondo me non ci sono rischi per nessuno: né per il paziente, perché i medicinali sono dispensati da farmacisti ospedalieri, né per le farmacie territoriali, in quanto il servizio riguarderebbe solo particolari categorie di malati.

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