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Politica e Sanità

30 Novembre 2011

L’insegna è un vecchio argomento


Il divieto di usare la denominazione e il simbolo delle farmacie per gli altri esercizi  c’è, e risale a una circolare dello scorso ottobre. E quindi, non c’è bisogno di una legge ad hoc che qualcuno sembra temere

A chi spettino la croce verde e la denominazione farmacia non sembrava oggetto di contesa. Ieri, però, un comunicato del Movimento nazionale liberi farmacisti è sembrato di avviso opposto. Infatti il MNLF fa riferimento a un  “imminente provvedimento del ministero della Salute”  di cui parlerebbe una circolare interna di Federfarma. Provvedimento che, appunto, riserverebbe la denominazione di farmacia e l’insegna con la croce verde. Per il Mnlf, si tratterebbe dell''ennesimo boicottaggio della legge. “Dapprima il rifiuto della grande distribuzione di fornire i farmaci - si legge nel comunicato - poi le delibere di Umbria e Lombardia che introducono nuovi requisiti ingiustificati per la vendita dei farmaci non soggetti a prescrizione medica, oggi nuovi lacci e lacciuoli ideati per ostacolare i canali di vendita alternativi alle farmacie. La croce verde, infatti, non è simbolo utilizzato solo dalle farmacie - sottolinea la nota - ma anche da altre attività commerciali (sanitarie), oltre a numerose professioni (veterinari, medici ecc.), nonch� da molteplici associazioni di volontari del soccorso. Inoltre, nessuno può imporre per legge il nome o la denominazione ad un''impresa, senza violare le disposizioni della Costituzione”.

In realtà, per i nuovi esercizi individuati dalla Legge Bersani il divieto di utilizzare “denominazioni e simboli che possano indurre il cliente a ritenere che si tratti di una farmaci” era già contenuto in una Circolare ministeriale che, appunto, si occupava di chiarire le modalità di applicazione delle nuove disposizioni sulla vendita in altro canale di OTC e SOP (Circolare 3 ottobre 2006, n.3. Vendita di alcune tipologie di medicinali ad di fuori della farmacia:�applicazione dell''articolo 5, commi 1, 2, 3, 3-bis e 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni,dalla legge 4 agosto 2006, n. 248�). Chiamata in causa direttamente, Federfarma ha replicato di non vedere nessuna volontà di ''censura'' sulle insegne per gli esercizi diversi dalle farmacie che vendono medicinali da banco, ma solo chiarezza per i cittadini.

“Sono arrivate molte richieste -  ha dichiarato Giorgio Siri, presidente dell’associazione dei titolari - sia alla nostra associazione sia al ministero della Salute, per l''uso di frasi identificative degli esercizi che vendono medicinali da banco. Indicazioni che contengono parole come farmacia e farmaci e che possono trarre in inganno il cittadino”. Per questo Federfarma ha fatto presente al ministero della Salute la necessità di evitare l''uso di queste parole: dovrebbero essere vietate, quindi, frasi che contengano il termine ''farmaco'' senza la specificazione da banco o senza ricetta o il termine farmacia. “L''uso della parola ''parafarmacia'', per esempio, è legittimo. Non lo è, però, se farmacia è scritto molto più grande e visibile rispetto al prefisso “para”. Questa insegna sarebbe ingannevole. Per questo noi abbiamo chiesto al ministero della Salute che ci fosse una precisa indicazione sulle frasi e le insegne accettabili”. Per Siri, “ogni attività deve avere un''insegna che la identifichi chiaramente: una farmacia non può scrivere Pronto soccorso. Il ministero della Salute - conclude- ci ha chiesto di continuare a fare segnalazioni ed evidenziare altri eventuali problemi per permettere l''applicazione più trasparente possibile del decreto Bersani”.

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