Politica e Sanità
30 Novembre 2011Presentato a Milano uno studio del Centro Findustria dell''università Bocconi di Milano, intitolato "Quali prospettive per il settore farmaceutico in Italia?". Accanto allanalisi degli effetti dellultima Finanziaria sul settore, i due autori della ricerca, Maurizio Dallocchio e da Leonardo Luca Etro hanno illustrato alcuni aspetti strutturali che pesano negativamente sullindustria italiana del settore. "Mentre per esempio in Gran Bretagna - riprende Dallocchio - si può detrarre il 125-150% delle spese in ricerca e sviluppo, da noi il contributo è irrisorio". Inoltre, i crediti d''imposta per l''innovazione o per le start-up, che "già da anni sono una realtà in Gran Bretagna, Spagna e Francia - osserva Farmindustria - In Italia solo con l''ultima Finanziaria è stato previsto un meccanismo di credito d''imposta del 10-15%, a seconda che si tratti di investimenti privati o contratti con università e centri di ricerca. Un primo segnale positivo, anche se ora il massimo credito d''imposta in Italia è di 1,5 milioni di euro ad azienda, mentre in Francia è stato recentemente raddoppiato da 8 fino a 16 milioni". Insomma, anche a detta degli economisti in Italia si richiede una visione "meno miope". In particolare, dice Dallocchio, "il nostro studio ha calcolato che se le intenzioni strategiche di Farmindustria ( 35% in tre anni degli investimenti in R&S) potessero realizzarsi, il miliardo e 70 mila euro investito in R&S nel 2005 salirebbe a un miliardo e 445 milioni nel 2008, con una crescita di quasi 2 mila addetti e un aumento del fatturato vicino ai 2,5 miliardi". I motivi per sostenere la farmaceutica sono "strategici e socio-politici" ha concluso Dallocchio. Che lancia uno spunto di riflessione finale: "Il 55% del nostro Pil vive su settori che pesano meno dello 0,5% sul Pil mondiale. Sull''Information technology non esistiamo, e sulla salute bisogna lavorare di più".
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