Politica e Sanità
30 Novembre 2011La mortalità dovuta allAIDS è in diminuzione, così come il passaggio dalla sieropositività alla malattia conclamata. Non calano però le nuove infezioni da HIV. Anzi, potrebbero addirittura essere in aumento. Come dire che le terapie sono efficaci, ma è calata lattenzione sui comportamenti a rischio
Il condizionale è dobbligo perch� il Registro nazionale tenuto all''Istituto superiore di sanità censisce con esattezza soltanto i casi di AIDS conclamato e i decessi. Perch� un sistema di monitoraggio nazionale di fatto manca. Anche se - assicurano dall''ISS - la commissione nazionale AIDS ci sta lavorando. Stimiamo tra le 1.000 e le 1.300 nuove infezioni l''anno - ha spiegato infatti Antonio Cassone, direttore del dipartimento di malattie infettive dell''Istituto, a margine del convegno sui 20 anni di Telefono verde Aids - attenendoci ai dati elaborati da sette regioni italiane, le uniche in tutta la Penisola a essersi dotate di un sistema di monitoraggio". Una peccato grave, secondo l''esperto, perch� le nuove infezioni costituiscono "la miccia che è sotto un''eventuale epidemia". Dunque senza numeri alla mano, "non è possibile definire l''epidemiologia dei prossimi anni". Con il rischio concreto che ciò finisca per fare abbassare la guardia agli italiani. "Sentiamo che di Aids si muore sempre meno - afferma l''esperto - e in molti finiscono per sottovalutare il pericolo concreto di contrarre il virus". Anche perch�, se in passato l''Hiv preoccupava per lo più i tossicodipendenti, l''infezione nel corso degli anni ha cambiato pelle. "In due terzi dei casi circa - assicura Cassone - si contrae il virus per via sessuale". E se gli uomini erano più esposti della donne, con un rapporto di 4 a 1, ora il gentil sesso è sempre più a rischio. Continuano a essere meno in pericolo degli uomini (1 a 2), ma perdono progressivamente terreno. "Bisogna tornare a fare prevenzione - sottolinea Cassone - perch� di Aids si muore sempre meno ma si continua a contrarre il virus dell''Hiv. Occorre tornare a fare campagne informative, nonch� a parlare di preservativi. Affinch� il contagio diminuisca è necessario appunto puntare su prevenzione, informazione e comunicazione. Dobbiamo riprendere la strada battuta una quindicina di anni fa.
Ora, invece - aggiunge - ci stiamo limitando a lavorare sulla malattia, dimenticando le nuove infezioni all''attivo". Anche perch� l''Italia, almeno su questo fronte, mostra di cavarsela non troppo bene. Non solo "siamo uno dei pochi Paesi - assicura l''esperto - che non si è ancora dotato di un sistema per monitorare i nuovi casi di infezione. Ma siamo anche, tra i Paesi economicamente simili al nostro, quello con il maggior numero di nuove infezioni, insieme a Spagna e parte della Francia". Una consolazione, però, all''Italia non manca. "Quando all''estero parliamo di ricerca - afferma infatti Cassoni - c''è grande rispetto per il nostro lavoro".
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