Politica e Sanità
30 Novembre 2011Sono sempre di più le imprese italiane che non riescono a far fronte ai debiti bancari: tra l’agosto del 2010 e lo stesso mese del 2011 il loro numero è aumentato del 40%. E ammontano a più di 74,5 miliardi di euro le somme non restituite agli istituti di credito. L’allarme arriva dalla Cgia di Mestre, che nei giorni scorsi ha diffuso un report sulla situazione economica del paese dalle tinte fosche. Perché l’aumento delle insolvenze tra le imprese è a livelli d’allarme rosso, soprattutto in alcune regioni: nel Lazio, infatti, le aziende in sofferenza bancaria sono cresciute nell’ultimo anno del 70%, in Sicilia del 62%, in Molise del 60%. «La cronica mancanza di liquidità e la prolungata fase di crisi economica che stiamo vivendo» è il commento di Giuseppe Bortolussi (foto), segretario della Cgia di Mestre «sono alcune delle cause che hanno fatto esplodere l’insolvibilità. Inoltre, negli ultimi 3 anni i tempi di pagamento nei rapporti commerciali tra le imprese e tra le imprese e la pubblica amministrazione si sono ulteriormente allargati». E le farmacie? I dati scarseggiano ma le riflessioni che arrivano dagli esperti non inducono all’ottimismo: «Una piccola analisi che ho condotto su un centinaio di farmacie» spiega Franco Falorni, commercialista e docente di economia d’impresa alla facoltà di Farmacia di Pisa «dice che il 24% di queste sono ben capitalizzate, il 35% è a pareggio e il 41% è decapitalizzata, cioè indebitata. In quest’ultima fetta, un po’ più di un terzo ha un livello d’indebitamento tale da poter essere dichiarata in default, cioè morta». E la platea delle farmacie che rischiano di finire nelle stesse condizioni cresce di anno in anno: «A rendere pessimisti» continua Falorni «è la costante erosione della redditività, per le ragioni che ben sappiamo. A fronte di uscite che è sempre più difficile comprimere, se non a scapito della qualità del servizio. Quanto poi agli oneri finanziari, il costo dei prodotti bancari per il credito è in crescita mentre diminuiscono le dilazioni, soprattutto da parte dei distributori intermedi che per lungo tempo hanno fatto da banca alle farmacie». Il consiglio ai titolari, quindi, è uno solo: «Capitalizzare, capitalizzare, capitalizzare. Perché solo le farmacie sane e forti sapranno affrontare le sfide in arrivo, sopportare periodi di perdita e fare gli investimenti che occorrono. In tal senso, credo che sia arrivato il momento di una riflessione seria e serena sulle società di capitali o su soluzioni alternative come i contratti di rete tra farmacie».
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