Politica e Sanità
30 Novembre 2011In Fofi e Federfarma nessuno lo ammetterebbe esplicitamente per ovvia diplomazia, ma è innegabile che un Mario Monti alla presidenza del Consiglio suscita tra i titolari di farmacia preoccupazioni non indifferenti. L’economista non ha mai fatto mistero di quale fosse il suo pensiero a proposito di farmacie e nei giorni scorsi, quando la stampa ha passato in rassegna le parole d’ordine che dovrebbero contraddistinguere un eventuale governo da lui guidato e ha scritto di «rimozione dei privilegi» e «apertura dei settori chiusi», a molti farmacisti sono tremati i polsi.
Ma al di là degli slogan, che cosa ci si può aspettare da un esecutivo tecnico che avesse il presidente della Bocconi come premier? Un aiuto a formulare qualche ipotesi può arrivare dalla rilettura del rapporto finale redatto nel 2007 in Francia dalla famosa Commissione Attali, il gruppo di esperti al quale l’allora neoeletto presidente Sarkozy affidò il compito di elaborare un ambizioso piano per la crescita. Mario Monti era in quella commissione (assieme a un altro italiano, Franco Bassanini, il padre della nota riforma) e anche se il rapporto che ne risultò è prodotto di un lavoro a più mani, è evidente la coerenza di quelle conclusioni con le idee dell’economista milanese. Non solo: tra le proposte del gruppo Attali c’è un intero paragrafo dedicato alle farmacie in cui si fa esplicito riferimento alla liberalizzazione degli Otc varata un anno prima da Bersani, il che induce a ritenere che il contributo dei due esperti italiani al rapporto possa essere stato in questo capitolo più abbondante che in altri.
E allora, cosa propone il dossier Attali a proposito di farmacie? Innanzitutto rimuovere il numero chiuso, da accompagnare con incentivi all’apertura di presidi nelle aree disagiate in modo da garantire il servizio. Poi c’è l’apertura al capitale, senza restrizioni se non quella di mantenere la gestione nelle mani del farmacista. E infine la limitazione del monopolio della distribuzione dei farmaci alle sole specialità con obbligo di prescrizione, «sul modello italiano» come specifica a chiare lettere il rapporto. Certo, l’indicazione per i titolari del nostro paese non ha più senso ma il passaggio potrebbe anche essere letto come un orientamento a tenere gli etici in farmacia.
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