Politica e Sanità
30 Novembre 2011Veneto, Sicilia e Friuli Venezia Giulia. In tutto sono tre le regioni in cui ancora manca un accordo per la dpc che faccia passare attraverso le farmacie del territorio i farmaci della distribuzione diretta. In realtà sarebbero quattro perché c’è anche l’Abruzzo, ma qui il doppio canale ha dimensioni talmente marginali che un’intesa non vale gli sforzi necessari a concluderla. Per le altre, invece, le ragioni che finora hanno impedito l’accordo sono diverse e meritano di essere raccontate perché arricchiscono l’aneddotica federalistica. In Sicilia, per esempio, Federfarma e Regione erano arrivati vicino a un’intesa prima della pausa di agosto, così vicino che era già stata individuata la cifra alla quale fissare il compenso per le farmacie, 8 euro compresa la quota da destinare ai distributori. Poi, al rientro dalle vacanze, l’assessorato alla Sanità si è rimangiato tutto e ha chiesto alle farmacie di dimezzare la prima offerta, ricevendo un no secco dal sindacato. Il motivo del dietro front? Nelle settimane precedenti la Croce rossa si era “infilata” nella trattativa con una proposta economica talmente vantaggiosa da convincere la Regione a un ripensamento. E così nell’isola i farmaci del Pht li distribuiranno le ambulanze. Dalla Sicilia al Veneto, cambiamo latitudine e contesto. Qui, infatti, è da circa due anni che sulla dpc si gioca una partita a scacchi di non facile composizione. Il problema non è il governo regionale, che non fa resistenze a un’intesa ma chiede soltanto valga per tutte le Asl del territorio. A frenare invece sono alcune Federfarma provinciali, da Belluno che semplicemente non vuole accordi (perché nel suo territorio la distribuzione diretta è relativamente marginale) a Padova e Venezia che fanno fatica a mollare le loro intese locali. E poi ci sono i grossisti, che non accettano la quota proposta da Federfarma regionale. Due passi a est ed ecco il Friuli. Qui le resistenze a un accordo arrivano tutte dalla Regione, che preferisce fare distribuzione diretta di gran parte del Pht con le proprie Asl e lasciare alle farmacie qualche briciola. Fanno eccezione Pordenone, dove da diversi mesi è in vigore un’intesa locale innescata dalla chiusura della farmacia ospedaliera competente per territorio, e Udine, dove si dovrebbe firmare a breve. A Trieste invece per avere la dpc le farmacie hanno proclamato uno sciopero del Cup che non ha ancora sortito effetti ma testimonia dell’insofferenza dei titolari.
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